Il Sacro Monte di Varese è unico nello splendido complesso dei Sacri Monti Prealpini, patrimonio dell’Unesco dal 2003 per la loro importanza e bellezza.
E’ stato individuato come caso di studio tra le nove Vie Sacre piemontesi e lombarde perché è il più uniforme e omogeneo: da una parte è la realizzazione di un progetto unitario, dall’altra racchiude alcune caratteristiche riscontrabili singolarmente negli altri Sacri Monti.
E’ quindi il riferimento principale nella messa a fuoco delle buone pratiche che consentiranno il recupero e il mantenimento della bellezza del sito seriale perché possa essere vissuto nel presente, ma anche custodito e consegnato al futuro.
Il grande progetto, che si prolungherà nel tempo, è stato accolto con gioia e gratitudine dall’arciprete di Santa Maria del Monte, don Sergio Ghisoni che, sottolinea, «la nostra piccola parrocchia raccoglie un patrimonio inestimabile che dev’essere preservato con quotidiani interventi minuziosi, oltre che interventi straordinari» e ricorda che si tratta di «una forma di annuncio del Vangelo, perché chi sale il Sacro Monte si rende conto della bellezza architettonica delle cappelle, della ricchezza di quello che c’è al loro interno e anche dell’ambiente naturale, che offre splendidi scorci che sono una provocazione per lo sguardo e per il nostro cuore».
I lavori hanno preso il via nell’ambito del bando “Promuovere buone prassi di prevenzione e conservazione del patrimonio storico e architettonico”, economicamente sostenuto da Fondazione Cariplo – da anni impegnata nel finanziamento dei lavori di restauro del complesso monumentale – e dalla Fondazione Paolo VI per il Sacro Monte di Varese.
Il restauro conservativo – nato all’interno del più ampio progetto “Lo scrigno del Sacro Monte di Varese: caso studio per la conservazione programmata dei Sacri Monti” – è stato intrapreso dall’architetto Gaetano Arricobene e dalla ditta ICSA srl di Sesto Calende (Interventi Conservativi Storico Artistici) del restauratore Bruno Giacomelli, sotto la supervisione della Soprintendenza.
Obiettivo della prima fase progettuale è stato quello di mettere a punto una metodologia comune (buone prassi) per i nove Sacri Monti a partire dall’indagine documentaria. La seconda fase si sta articolando nell’applicazione del piano d’azione definito, valutandone anche tempi, entità e ciclicità.
Le parole dell’architetto Arricobene, progettista e direttore dei lavori, ci trasportano sulla Via Sacra e nella sua intensa atmosfera.
«In applicazione della metodologia messa a punto, si sono conclusi i lavori di restauro della XIII cappella – afferma – un’opera che ci ricorda quanto siamo fortunati a conoscere, vivere e frequentare il Sacro Monte di Varese: uno scrigno pieno di opere d’arte. Noi oggi, dopo 18 mesi, guarderemo con occhi nuovi delle opere che ci conquistano ogni giorno con la loro meraviglia. L’impegno è stato grande: dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni abbiamo realizzato dei rilievi della struttura ed eseguito uno studio diagnostico sia della parte esterna che di quella interna, prendendo subito in esame le emergenze, come quelle relative alla cura dei manufatti, e valutando interventi sia di manutenzione che di restauro».
«Il progetto di indagine, approvato dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, ci ha permesso di definire tutti gli interventi necessari, considerando anche i materiali più adatti per il restauro. Grazie ai finanziatori, che hanno creduto nell’iniziativa di mettere a sistema gli interventi, dopo il restauro della XIII cappella, ci dedicheremo alla conservazione programmata dell’intero viale e di tutte le cappelle che si incontrano».
«Il lavori proseguono già da 18 mesi e sono rallentati dalle condizioni atmosferiche: era necessario scavalcare il periodo invernale e compiere le azioni con il microclima adeguato. Il monitoraggio della XIII cappella ci ha dato delle indicazioni dal punto di vista termoidrometrico. Conoscevamo le oscillazioni presenti nel corso dell’anno e dovevamo tenerne conto. Certe lavorazioni sulle statue, ad esempio, dovevano essere fatte assolutamente nel periodo giusto e non durante l’inverno».
« Il nostro è un “work in progress”, cioé adattiamo man mano le previsioni fatte all’inizio, sempre relazionandosi con i finanziatori. Il progetto è composto da varie fasi: la prima è stata sicuramente di studio, con il coinvolgimento di altri enti. Abbiamo realizzato delle indagini di laboratorio nella direzione di una campagna diagnostica che ci ha permesso di individuare tutta una serie di aspetti, come quelli strutturali. Si devono valutare i danni causati dall’acqua e il rischio sismico, proprio per effettuare un adeguamento. Il tutto viene realizzato nell’ambito del sito seriale dei Sacri Monti».
«L’aspetto più importante di questo progetto è quello di monitorare: le schede su cui stiamo ancora lavorando non dovranno essere tenute in un cassetto. Serviranno per capire gli interventi già fatti, quelli previsti e la loro urgenza. Poi dal confronto tra chi opera – il restauratore – e chi coordina – la committenza – potranno nascere buoni risultati».
«E’ stata effettuata anche un’indagine sulle coperture delle cappelle, fatte di coppi. Per la prevenzione dobbiamo agire come i nostri nonni qualche generazione fa, cose con cui noi abbiamo perso dimestichezza. Bisogna eliminare le piccole piante infestanti che, con il passare del tempo, riescono a scalzare la pietra e a compromettere tutto, facendo filtrare l’acqua. Sono piccoli interventi, ma con un significato enorme, perché prevengono danni peggiori».
«Entro questo inquadramento generale si collocano i lavori alla XIII cappella.
E’ interessante indagare quali sono state le differenze in opera rispetto a quanto era stato deciso a tavolino, con la diagnostica. Non si vedevano, ad esempio, i gravi danneggiamenti del sottotetto, come le travi tarlate e gli intonaci staccati o mancanti. L’abbiamo restaurato con delle travi nuove e reso accessibile in sicurezza, in modo che la manutenzione in futuro sia più agevole».
«Abbiamo anche restaurato la porticina d’ingresso, coperta da un dipinto su tela visibile solo se la si attraversa o dalle finestre. Abbiamo poi dovuto modificare il progetto iniziale relativo alla conservazione delle statue della cappelle. Lo studio non ha riguardato il livello superficiale – poiché per questo erano già stati fatte valutazioni e ripristini in tempi recenti da parte dell’Istituto per la Conservazione e la Valorizzazione dei Beni Culturali (ICVBC) – ma il fatto che, secondo testimonianze da archivio e verbali, negli anni Novanta, c’è stata un’abbondante nevicata che ha invaso in particolare la XIII cappella e ha coperto i piedi delle statute per 5 gioni, prima di essere rimossa. Conoscere questo evento ci ha permesso di capire lo stato di degrado di numerose statue».
«Come per ogni cappella del Viale, è stato poi importante rimuovere le foglie dai canali di scorrimento dell’acqua, una prevenzione che serve a evitare il decadimento del manufatto e richiede tempo e supporto economico. Poiché gli interventi sulle cappelle continueranno a lungo: useremo i fondi disponibili in modo oculato».
Bruno Giacomelli, restauratore della ICSA (Interventi Conservativi Storico Artistici) impegnato nei lavori della XIII cappella del Sacro Monte spiega che «grazie al lavoro di tanti operatori del settore esiste un’ampia documentazione che permette di individuare quelle parti che mostrano un inizio di degrado in corso. Abbiamo eseguito delle schede che sono frutto di una lunga esperienza – prosegue – perché questo è il nostro quinto intervento di manutenzione. Abbiamo già fatto alcune sperimentazioni con il Politecnico e con altri operatori del settore. La schedatura lascia una traccia che viene aggiornata quotidianamente e annualmente, nei quattro anni di intervento»
«Avremo così inizialmente degli interventi di emergenza o di blocco della causa del degrado, poi, con il proseguire, verranno aggiornate le schede e si passerà ad azioni di programmazione annuale o mensile. Poi, se ci sono dei finanziamenti o altri progetti che intervengono in maniera più massiccia attraverso questa schedatura si sprà individuare quali sono i monumenti di questo splendido parco di opere che hanno una maggiore necessità».
Giacomelli, spiegando che gli interventi realizzati sono stati: la messa in sicurezza delle parti instabili, la rimozione delle piante infestanti e la pittura delle superfici lapidee, con l’eliminazione delle efflorescenze saline che si sono formate nel corso del tempo. Per completare l’intervento è stato posizionato all’interno della cappella un deumidificatore che eviterà la risalita di umidità dal terreno.
Il restauratore ha poi ricordato che “il monitoraggio è fondamentale: a livello stagionale vengono individuati degli elementi che hanno bisogno di una maniutenzione costante, senza la quale la natura stessa interviene con il suo degrado. Prima del nostro intervento la XIII cappella mostrava i segni di un susseguirsi di variazioni che hanno determinato macchiature, come le differenze nel colore delle superfici dovute ai muschi, ai licheni e all’alterazione cromatica dei materiali differenti. La pietra viene da Viggiù, poi ci sono le stuccature in cemento e in altri materiali: anch’esse hanno subito un degrado e tendono a scurire nel tempo. Sono state rilevate tutte le situazioni classiche di degrado, come la vegetazione infestante o l’umidità di risalita, ma l’ambiente non è classico, perché oltre a essere più soggetto ad attacchi meteorologici, è stupendo da vedere, da visitare e da vivere».
Tra le cose più inaspettate? Oltre al danno causato dalla neve, sicuramente la rilevazione del “cuore nero” all’interno delle statue, ovvero «dei residui di materiale organico presenti nell’argilla che non hanno subito la combustione durante la cottura».
Infine le parole dell’architetto Luca Rinaldi, della Soprintendenza Archeologica, Belle Arti e Paesaggio per le province di Como, Lecco, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese: «Sono cresciuto a Sant’Ambrogio e il Sacro Monte ha sempre fatto parte dell’orizzonte della mia vita. Professionalmente, ho seguito la storia dei lavori di restauro compiuti sulle cappelle, come quello discutibile di 30 anni fa compiuto proprio sulla XIII cappella, che è stato tanto costoso, realizzato in modo dilettantistico e non seguito dalla Soprintendenza. Ho potuto monitorare tutti gli interventi eseguiti in questi anni con una metodologia condivisa sul sito seriale dei Sacri Monti: finalmente anche il Sacro Monte di Varese entra in questo importante dialogo operativo! Il progetto in atto non è solo di prevenzione e conservazione, è proprio un restauro degli errori compiuti in passato.
E’ assolutamente lodevole: ci aspettiamo che via via, recuperando e pubblicando contributi scientifici e critici sulla storia dei lavori in corso, ogni passaggio possa essere preservato».
«L’intervento degli anni ’80 e ’90 ha cancellato completamente l’importante fase di restauri compiuti dal Pogliaghi, di cui non esiste più nulla, se non poche foto in bianco e nero.
Con “Lo scrigno del Sacro Monte di Varese” prenderà finalmente il via una riflessione seria e scientifica sugli interventi che si fanno al Sacro Monte, una realtà che sta a cuore a tutti noi varesini!».
Chiara Ambrosioni