Simonetta Agnello Hornby lavora come avvocato nella city di Londra e questa prima opera nasce per un ritardo del volo della British Airways; se non ci fosse stato l’avrebbe scritto lo stesso?
Certo che sì. Era tutto pronto nel cuore, nelle mente e nelle dita frenetiche dell’autrice per cominciare a battere i tasti del suo portatile perché la “Mennulara” voleva vivere raccontandosi attraverso vicissitudini davvero singolari.
Mennulara in siciliano significa raccoglitrice di mandorle, un lavoro duro, sferzante per il dover stare ore e ore sotto il sole cocente con la schiena ricurva e le mani come artigli per non farsi sfuggire nulla. Raccogliere due volte lo stesso frutto sarebbe stata una fatica inutile e sfibrante.
La Hornby dona alla protagonista una maledizione e una benedizione: la prima è che per la sua scaltrezza con i numeri e la capacità di sintesi viene odiata da molti paesani di Roccacolomba in Sicilia.
Vivere nella casa della famiglia Alfallipe, dove lavora come domestica, ha affinato la sua scaltrezza negli affari, questa è la benedizione non tanto per sé quanto per gli Alfallipe. Gli Alfallipe appartengono all’alta borghesia, ma il capofamiglia Orazio non è in grado di gestire il patrimonio per incompetenza, il tempo lo dedica all’arte e ai libri, sarà la Mennulara a porre rimedio al fallimento.
Lei non sa scrivere ma da sola ha imparato a leggere i numeri che diventano compagni sinceri e audaci per la sua vita e quella degli altri.
La Mennulara senza mai venir meno ai ruoli si subalterna tra inserviente e oculata amministratrice e com’è corretto che sia in tutti gli affari conclusi a favore del padrone trattiene la giusta percentuale di denaro che non spenderà mai.
Il paese di Roccacolomba vive attraverso il pettegolezzo delle persiane chiuse e di giorno in giorno la ricchezza stimata in possesso della Mennulara dai paesani aumenta come l’odio e l’invidia.
Chi vuole fare affari con la famiglia degli Alfallipe sa che lo scoglio da superare non è certo il padrone di casa ma la sua serva. Scoglio insormontabile poiché il sole non ha incartapecorito solo la pelle della donna ma come ci si lamenta nei bar, negli uffici e nelle strade anima e cuore.
Non è così.
La Mennulara ha avuto un nemico insaziabile ed è stato il pregiudizio che ascolterà di nuovo dopo la morte. Il padrone Orazio Alfallipe, uomo colto ma incapace avrebbe dissipato il patrimonio della famiglia. La moglie, morto il marito, si sarebbe ritrovata in un palazzo immerso nel decadimento, i figli Lilla, Carmela e Gianni avrebbero vissuto un futuro di mediocrità.
Eppure dopo il decesso della Mennulara, a parer loro rozza e ignorante, credono ancora di essere stati raggirati e sarà lo strano testamento ricevuto a dargli conferma.
Lei senza nessun titolo, lei donna, lei che spesso decideva le vendite con i signorotti del paese attraverso il saper fare finanza si ritroverà ad essere disprezzata per avere operato come il miglior amministratore che la famiglia potesse trovare.
Ma il bene che si fa non lo si sventola nelle piazze o peggio nei sagrati delle chiese la domenica mattina.
La Mennulara chiude gli occhi con la dignità nascosta di chi sa cosa sia la fatica e chiede ai figli del suo padrone di cominciare a capire cosa significhi operare, crearsi una vera identità.
Il romanzo ha la caratteristica singolare di avere i titoli dei capitoli che di per sé sono già dei racconti nel racconto.
Un grande romanzo di una straordinaria storia siciliana.
Castrenze Calandra