L'icona divina – "Era cosa più divina che umana". Queste le parole dell'autore delle "Vite de' più eccellenti architetti, pittori, et scultori italiani". Così Vasari ci descrive quel celeberrimo sorriso femminile, piacevole e appena accennato, quasi sfuggente. Non c'è dubbio di sorta. La Gioconda, sbeffeggiata in mille parodie, ridicolizzata fino alla caricatura più strampalata, riprodotta in serie infinite volte, ripresa da autori contemporanei quali Dalì, Duchamp, Warhol e Basquiat, è essa stessa icona delle arti visuali. Eppure la mattina di quel lontano 22 agosto 1911 il mondo temette di averla persa per sempre.
Un giallo al Louvre – La notizia, com'era prevedibile, fece il giro del mondo in poco tempo. Dal salone Carrè del Louvre era stato misteriosamente trafugato il ritratto di Monna Lisa. Sulla prima pagina dell'edizione di mercoledì 23 agosto, "Cronaca Prealpina" dava la notizia così: "Il celebre quadro della Gioconda misteriosamente rubato al Louvre di Parigi". In pochi attimi l'accaduto assunse le tinte fosche di un giallo in perfetto stile e si determinò uno stato generale di allarme tra gli addetti al museo e di morbosa curiosità tra il pubblico. La tesi del furto d'autore fu subito percorsa e, nelle inchieste condotte dalla polizia francese, vennero anche coinvolti lo scrittore Guillaume Apollinaire e Pablo Picasso.
L'Arsenio Lupin di Dumenza – Solo nel dicembre del 1913 venne individuato e arrestato l'autore del furto: Vincenzo Peruggia, italiano. Ma chi era costui? Figlio di Giacomo e Celeste Rossi, nacque l'8 ottobre 1881 a Dumenza. Andò a lavorare a Milano per apprendervi il mestiere di imbianchino e di decoratore e ben presto si recò in Francia dove esercitò l'arte del pittore di stanze, lavorando presso la ditta "A. Gobier". In Francia, non va dimenticato, erano particolarmente ricercati muratori, decoratori e stuccatori italiani e tanti emigranti diretti oltralpe provenivano proprio dalle valli attorno a Luino: Val Veddasca e Val Dumentina. Già dai primi mesi del 1910 il giovane Peruggia venne mandato con altri operai a lavorare nel Museo del Louvre come addetto alla manutenzione. Lì avvenne il fatidico incontro con la Monna Lisa.
Un sogno romantico e patriottico – Peruggia, in scacco al prestigio e all'efficienza della polizia francese, riuscì a tenere in ostaggio il celebre capolavoro per ben due anni, fino a quando si mise in contatto con il noto antiquario fiorentino Alfredo Geri, patteggiando con lui che la Gioconda sarebbe tornata e rimasta in Italia. Scovato e uscito allo scoperto, il Nostro fu arrestato nell'inverno del 1913 e condotto negli uffici di polizia e alle carceri fiorentine, le Murate. La motivazione riguardante il gesto, che egli sostenne sempre durante gli interrogatori, fu quella dell'amore patriottico: come italiano si era sentito defraudato nel vedere che i maggiori capolavori nazionali si trovavano all'estero. Decise pertanto di sottrarre l'opera Vinciana per restituirla, a suo dire, all'Italia.
La ricerca storica continua – Il processo a carico di Vincenzo Peruggia ebbe inizio il 4 giugno 1914: venne condannato a un anno e quindici giorni di prigione, ma trascorsi alcuni mesi, durante i quali il favore popolare nei suoi confronti crebbe per appassionati sentimenti di patriottismo, la Corte di Appello di Firenze ridusse la pena a mesi sette e giorni otto. Era il 29 luglio 1914. Peruggia, la cui data di morte è stata oggetto di complesse vicende, smentite e conferme contrastanti, morì la sera dell'8 ottobre 1925. È Marcello Vannucci l'autore di una recente biografia del protagonista di questa appassionante quanto articolata vicenda: "Il furto della Gioconda", Edizione Novecento, Palermo 1993. In "La Gioconda rapita", (Macchione Editore, Varese 1995), Macchione pone, invece, sul tavolo tutti gli elementi dell'inchiesta condotta dalla polizia parigina e i risultati del processo di Firenze, oltre a una ricca messe di documenti storici e di fotografie. A Vincenzo Peruggia sarà presto, inoltre, dedicata una voce nell'Enciclopedia Biografica della monumentale collana "Storia di Varese", promossa dal Centro Internazionale di Ricerca per le Storie Locali e le Diversità Culturali dell'Università degli Studi dell'Insubria.