Milano – Meticolosità dell’agire, lucidità concettuale, coerenza espressiva: con tali coordinate Roman Opalka definisce il trascorrere del tempo, a partire da un lavoro iniziato nel 1965 dove su una prima tele traccia il numero uno per poi proseguire in successione numerica nelle tele seguenti, tutte di identica dimensione (196×135).
Al termine di ogni “Detail” scatta un autoritratto in bianco e nero creando nel tempo un avvicendamento cinetica del suo volto.
Tali opere compongono “Roman Opalka. Dire il tempo”, a cura di Chiara Bertola, in due esposizioni realizzate da Building nella sede di Milano e alla Fondazione Querini Stampalia a Venezia.
“La decisione di fotografare il mio stesso volto” testimonia lo stesso artista “Muove dalla necessità imperiosa di non perdere nulla della captazione del tempo…vigilo costantemente sull’unità della serie dei miei ritratti. Così facendo, il rigore che mi impongo mi obbliga a tenere la stessa espressione e la stessa luce in ogni posa. Solo questa costanza può rendere visibile, da una fotografia all’altra, tutti i segni del tempo che si accumulano sul mio volto”.
La mostra di Milano allestita in più spazi percorre, attraverso grandi tele e una serie di autoritratti, l’intenso lavoro di Roman Opalka.
I numeri scanditi sulle superfici piane si susseguono come un mantra incessante, mentre gli autoritratti descrivono con regolare cadenza il volto di un artista che esprime con tale azione l’inesorabile caducità del genera umano.
Roman Opalka. Dire il tempo – Milano, Building, Via Monte di Pietà 23. Fino al 20 luglio. Orari: martedì – domenica 9-18
Mauro Bianchini