Il cammino prosegue – Una mostra personale in corso fino al 30 giugno alla Casa di Cura le Betulle di Appiano Gentile e l'artista varesina Daniela Montanari non si ferma. Eccola tra i protagonisti della collettiva organizzata dall'Associazione Culturale ARCAdiA di Milano curata da Giacomo Maria Prati e Paolo Lesino.
"E scegliere il volto come chiave di lettura e d'interpretazione si rivela punto di vista privilegiato per cogliere nelle mutevoli espressioni e nei mobili lineamenti i significati della storia, dell'essere, del mondo. Giocando attraverso l'arte. Rivisitando i miti classici e quelli di oggi, come scrisse Roland Barthes. Con effetti differenti, sorprendenti, perturbanti, inaspettati. Perché anche le forme della bellezza sono in costante evoluzione e rispecchiano il trascorrere del tempo, le trasformazioni sociali e di costume. Seppure permanga una tensione di fondo: il bisogno e l'amore del sapere, l'avventura della ricerca non esclusivamente estetica" scrive Massimiliano Finazzer Flory Assessore alla Cultura del Comune di Milano. La mostra si inserisce in un progetto triennale che si conclude nel 2012 dedicato alla tematica 'Il Mito del Vero'.
Cinquanta espressioni diverse – Il volto racchiude l'essere dell'individuo, è lo specchio di emozioni e sentimenti. In mostra si osservano cinquanta opere inedite che descrivono altrettanti modi di vedere e affrontare il mondo. "Nella vita di ogni artista ci sono opere che rappresentano dei nodi fondamentali del proprio lavoro, perché sintetizzano le esperienze del proprio passato ed un trampolino di lancio per il futuro. Cyberboy, per me, è una di queste, sia per la tecnica, sia per il contenuto", scrive l'artista, che prosegue, "Come in tutte le mie tele, ho cercato inoltre di coniugare la totalità col dettaglio, evitando di trasformare il dipinto in una somma di particolari scollegati tra loro". Nel catalogo della mostra collettiva, in cui è inserito un testo critico di Philippe Daverio, è pubblicata una seconda opera dell'artista, Interno francese del 2008.
In dialogo con Cyberboy – "Cyberboy è una metafora sulla vita, perenne lotta tra luce e ombra, gioia e dolore, vita e morte. Non si tratta dunque di un ritratto di una persona in particolare, nonostante mi sia ispirata a mio figlio per le fattezze, ma di un'incarnazione di un'icona universale. Poco importa se il modello è un bambino, una uomo o un anziano. L'aspetto fondamentale è il messaggio", precisa Daniela Montanari. "L'inquietudine del guardare i quadri della Montanari, con la perfezione formale ed equilibro tra particolare e globalità. Cyberboy è un bambino, eppure come Taliesin, nel suo sguardo vi è la malinconica saggezza di chi ha visto troppe cose ma che nonostante il disincanto, non perde la speranza che questi possano ancora stupirlo (…) La ribellione del sogno contro le pretese del razionalismo supersemplificatorio, che in realtà non arricchisce la vita, ma la riempie di formule astratte inservibili", scrive in merito all'opera Alessio Brugnoli.
Scelte di stile narrativo – Il testo critico di Paolo Lesino sottolinea anche nell'opera della varesina, accanto a quelle di altri artisti in mostra, l'importanza della posa del soggetto ritratto, come "emblema e appartenenza dell'opera stessa, posizionamento spazio-temporale, che può assumere una posizione statica come nella tipizzazione sociale aristocraticoborghese in Giuliana Linda Pozzo di Alessandra Ariatti e in Ritratto di Signora di Giorgio Scalco, nello sguardo beffardo di Cyberboy di Daniela Montanari o carico di speranze in David di Matteo Massagrande". L'artista stessa spiega la scelta compositiva del quadro: "Per evitare la monotonia, ho quindi centrato la figura nella banda di mezzo lasciando così "parlare" anche lo spazio vuoto creatosi a destra e a sinistra del bimbo, mantenendo il mio minimalismo. Ho preferito, inoltre, una postura di tre quarti, fiamminga, perché credo che questo taglio consenta una più approfondita analisi fisica e psicologica del soggetto, rispetto al ritratto frontale o di profilo".
Ancora la lettura dell'autrice: "La figura è illuminata da luce artificiale, proveniente dal basso rispetto al modello. Questo tipo di illuminazione gialla, è quella che preferisco, poiché dona espressività, accentua i volumi e evidenzia le ombre, contribuendo a creare un alone di mistero, ambiguità e forse di estraniamento. Tutte situazioni in cui ci si potrebbe riconoscere facilmente, in quanto costituiscono l'essenza profonda della vita. Il mistero, lo stupore: possiamo far finta di ignorarlo, ma prima o poi siamo costretti ad affrontarlo: è come combattiamo questa sfida che ci rende Uomini e Donne".
'Il mito del vero – Il ritratto del volto'
a cura di Giacomo Maria Prati e Paolo Lesino
Milano, Palazzo Durini
fino al 10 luglio
orari: da martedì a sabato – ore 15.00/19.00
Via Santa Maria Valle 2 (MM Duomo)
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