La Scuola è l’unico edificio in muratura del villaggio e tutti ce lo indicano con fierezza. Non ci sono semafori, I-Phone, elettrauto, medicine, navigatori satellitari, panini riscaldati, treni in ritardo, chiavette USB a forma di tartaruga. Qui non ci sono leggi scritte ma regole vere. Per la verità non si potrà mai avere nemmeno un po’ di nutella, ma loro non lo sanno.
La Rosa del Deserto è una metafora di adattamento alla vita piuttosto sconcertante. Questa pianta all’inizio della stagione secca, quando vengono a mancare le condizioni d’umidità ideale, disidratandosi, ripiega i rami in una massa compatta per proteggere i suoi preziosi semi. Il vento la spinge via facendola rotolare sulle lande desertiche, aspettando che un po’ di pioggia la faccia rivivere.
Quando viene bagnata, i rami si distendono e i semi vengono dispersi dalla pioggia battente. Nel giro di poche ore germogliano piccoli fiori bianchi che danno origine alla nuova generazione. Si tratta di un adeguamento estremo alla sopravvivenza in ambienti aridi.
Nella letteratura medio-orientale la Rosa del Deserto rappresenta l’amore vero, quello che non teme le avversità e anche nel momento più buio, in cui si chiude in se stesso, resiste e sa attendere ogni piccola goccia, nutrendosene per rifiorire e riaprire le sue braccia, regalando la sensazione di essere oltre il tempo a lei consentito. Chissà se sarò in grado di donare a qualcuno questa meraviglia.
Sembra difficile immaginare un sud più a sud del nostro, ma la lentezza indeterminabile di questi improbabili agglomerati urbani in mezzo alle dune, supera qualsiasi aspettativa, assorbendo totalmente i nostri sensi.
Arriva la sera e un liuto comincia a suonare ritmiche tonde, accoccolato al focolare della tenda al centro dell’accampamento: storie di viaggiatori si condensano intorno, forme di una danzatrice nella luce compaiono d’improvviso.Dimentico da dove provengo. C’è una misteriosa vibrazione qui,ho la sensazione di sentirmi protetto.Questo posto l’ho già visto.In un’altra vita sono indubbiamente nato qui, nell’intimo di un cielo così denso di stelle, in cui si riesce a percepire persino la profondità di campo dell’Universo.
Le ombre si ritraggono all’alba, attesa con la pazienza (sabr) che ogni buon musulmano deve coltivare.
I corpi celesti, che hanno vegliato compiacenti tutta la notte, svaniscono sfumando a bassa voce, mentre un sole già arroventato ci ricorda che è ora di lasciare un luogo in cui avrei voluto smarrirmi per lunghi giorni ancora.
In questo oceano imprevedibile, però, non mi sono perso. La strada di casa, ad un certo punto, mi è comparsa davanti senza compromessi. Era un pannello luminoso al Gate 2 di un moderno aeroporto turistico, dove lampeggia la scritta “la nebbia di Milano ti aspetta.” Ma socchiudo gli occhi per un istante ancora, mi ritrovo incastrato a metà tra la vita e il sogno e ho davvero la sensazione che una grande saggezza mi sia stata rivelata.
Le cose cambiano se cambiamo noi.
Un bicchiere di tè non fa niente, due bicchieri sono da poveri, tre vanno bene, quattro fanno piacere, cinque sono proibiti,sei sono meglio di tre.
– Proverbio delle popolazioni nomadi del deserto –
Il Viaggiator Curioso,
Wadi Rum Desert (واديرم)
29°34′35.40″N 35°25′11.74″E
Giordania, 3 gennaio 2011