La committenza e il suo architetto. La storia costruttiva di un palazzo è quasi sempre strettamente legata alle vicende di una famiglia. Committente dell'edificio fu Bartolomeo Arese, personalità notevole del Seicento, che rivestì importanti cariche nelle corti di Spagna e di Milano. Il matrimonio con Lucrezia Omodei gli aveva consentito di acquisire anche importanti alleanze a Roma e Madrid. Ciò spiega la possibilità e la necessità al contempo di affidare i lavori riguardanti la propria dimora ad un architetto "in voga" come Francesco Maria Richino.
A detta di molti autori, Richino sarebbe stato incaricato di realizzare un intervento di ampliamento di un edificio di modeste dimensioni preesistente, per adeguarlo al rango del proprietario. I lavori sarebbero poi proseguiti (per la morte dell'architetto nel 1658) per una trentina di anni, fino a quando cioè, nel 1674, Bartolomeo Arese muore, causando, per ciò che ci interessa, l'interruzione dei lavori.
Arese muore senza eredi maschi. Le due figlie si accasarono rispettivamente con discendenti delle famiglie Visconti e Borromeo, da cui il passaggio di proprietà dell'edificio a quella che negli alberi genealogici appare come famiglia Visconti-Borromeo-Arese. L'ultimo discendente di questa linea, Giulio, così come il suo antenato Bartolomeo Arese, muore senza eredi maschi nel 1750 e trasmette i propri beni alle figlie Elisabetta e Paola, maritate con i marchesi Pompeo (figlio) e Antonio (padre) Litta, da cui l'origine della linea nota con il triplice cognome Litta-Visconti-Arese. Fu nel periodo a cavallo di questo avvicendamento, alla metà del XVIII secolo, che si registrarono due interventi (di paternità ed entità ancora incerte), realizzati da Bartolomeo Bolli e Carlo Giuseppe Merlo, con i quali si portò l'edificio a completamento dopo un periodo di stallo che, stando ai testi, durava ormai da sette decadi.
Il progetto architettonico – L'edificio si affaccia sul
prospiciente corso Magenta, con il fronte progettato da Bartolomeo Bolli. che si caratterizza per un corpo centrale avanzato, alto tre piani, scompartito da sei paraste semiribattute, d'ordine corinzio, in cinque campate. Le paraste, alte due piani, scendendo diventano pilastri, con inseriti i motivi di rettangoli smussati, ispirati forse alla vicina chiesa di San Nicolao. Il portale centrale è coperto da balconata a pianta convessa, sostenuta da grosse mensole poggianti sulle spalle di due giganti, in linea con la vena manieristica milanese che discende dal palazzo degli Omenoni. Alla sommità del corpo aggettante, in corrispondenza delle tre campate centrali, al di sopra del cornicione a sguscio, in pietra e dotato di forte aggetto, si leva il fastigio ad attico mistilineo inquadrato da pilastri reggenti trofei, nel quale due statue di mori a tutto rilievo reggono lo stemma della famiglia Litta.
Dal cortile d'onore è possibile accedere allo scalone, a ragione definito dagli studiosi scenografico e fastoso, progettato da Carlo Giuseppe Merlo. Lo scalone è del tipo a tenaglia, ossia si costituisce di una prima rampa, in granito di Baveno con balaustri in rosso d'Arzo e nero di Varenna, attraverso cui si accede ad un ampio pianerottolo, dal quale si dipartono due distinte rampe che, sorrette da archi rampanti ellittici la cui geometria fu definita in compartecipazione da Merlo e de Regi, permettono di raggiungere il livello superiore. Tra gli ambienti interni spiccano la Sala Rossa, il Salotto Giallo, la Sala degli Specchi e la famosa Sala della Duchessa che hanno conservato le tappezzerie, gli stucchi dorati e i dipinti originali settecenteschi, opera, fra gli altri, di Martin Knoller e di Giuseppe e Agostino Gerli.
Info:
Invito a Palazzo Litta
Sabato e domenica 24 e 25 settembre 2011
Visite guidate alle ore: 11.00, 11.45, 12.30; 15.30, 16.15, 17.00
Prenotazione obbligatoria allo 02 454545
Palazzo Litta, Corso Magenta 24, Milano