Maria Marozzi, 1873
Privata di quella che era la sua opera più famosa, il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo ora esposto al Museo del Novecento, la Galleria d'Arte Moderna potrebbe rischiare di essere esclusa dagli itinerari di molti turisti e ignorata da molti milanesi. Visitabile gratuitamente, la sua raccolta conserva non solo alcuni dei maggiori capolavori dell'800 italiano, ma anche opere di artisti stranieri tra cui, solo per fare alcuni nomi Manet, Gauguin e Van Gogh.
Nelle sale della villa, capolavoro del neoclassicismo milanese progettato dall'allievo di Giuseppe Piermarini Leopold Pollack, i ritratti ci raccontano la storia della società tra Settecento e Ottocento.
Dall'ideale neoclassico alla rivoluzione scapigliata. I ritratti, oltre a essere specchio di storie individuali, sono interessanti vie d'accesso per avvicinarsi allo spirito di un'epoca. Uno dei primi artisti che si incontrano nel percorso di visita del museo è Andrea Appiani (1754-1817) che nella Milano napoleonica rinnovò il genere del ritratto alla luce delle teorie elaborate dall'estetica neoclassica. Nel Ritratto di Amalia di Baviera (1806 circa), moglie del viceré Eugenio di Beauharnais, come in quello della Nobildonna Margherita Bovet, Appiani usa in modo magistrale la tecnica dello sfumato, che aveva imparato osservando le opere di Leonardo e dei suoi allievi, accennando con pochi tocchi di colore ai
Amalia di Baviera, 1806-1807
capelli e alle vesti per concentrarsi sui volti e "astrarre" la figura da particolari troppo aderenti alla realtà. In modo diverso Francesco Hayez (1791-1882), in piena epoca romantica, riesce a trasmettere la statura morale di personaggi come Alessandro Manzoni e Antonio Rosmini ritraendoli su di uno sfondo neutro calati in una dimensione di tranquilla quotidianità o a cogliere l'intenso sguardo della cantante Matilde Juva Branca, che tra i suoi ammiratori vantava il conte di Cavour, in un ritratto di tre quarti che si ispira ai grandi modelli del rinascimento veneto.
I mutamenti di soggetti o di tecnica esecutiva sono spesso il risultato di istanze di rinnovamento che non riguardano solo l'arte, ma in senso più ampio un certo ambito culturale o sociale. In alcuni casi però alcuni artisti precorrono i tempi e anticipano nelle loro opere alcuni aspetti linguistici o di contenuto che solo in seguito troveranno il loro pieno sviluppo. La rivoluzione pittorica avviata da Giovanni Carnovali detto il Piccio (1804-1873), di cui il museo conserva numerose opere tra cui un bel autoritratto giovanile, verrà portata avanti dai pittori della Scapigliatura. Nei dipinti di Tranquillo Cremona o Daniele Ranzoni i contorni delle figure svaniscono sotto veloci colpi di pennello che valorizzano i valori di luce e di colore. Ma la vasta produzione ritrattistica degli scapigliati è anche sintomo della disillusione vissuta dalle giovani generazioni dopo l'unificazione d'Italia e del ripiegamento su temi privati, lontani dai soggetti celebrati da Hayez o da "pittori-soldato" come Gerolamo Induno o Eleuterio Pagliano nella grande pittura di storia.