Il biglietto da visita presente nella prefazione di “Italiani brava gente?” (BEAT Editori, pp.333, Euro 9) dello storico Angelo del Boca, non lascia spazio a fraintendimenti.
Narra, punto per punto, quanto accadde nel febbraio del 1937 ad Addis Abeba in seguito ad un attentato fallito nei confronti del maresciallo fascista Rodolfo Graziani, tragicomicamente nominato dalla boria enfatica del regime viceré d’Etiopia.
Alcune centinaia di civili e militari armati di bastoni e spranghe di ferro misero in atto una mattanza nei confronti di civili, donne e bambini compresi, che nulla avevano avuto a che fare con l’accaduto, arrivando a incendiare abitazioni e impedendo, in alcuni casi agli occupanti, di uscire e in aggiunta lanciando al loro interno bombe a mano.
Per le anime candide, per chi ha cerume nelle orecchie e fette di salame sugli occhi, oltre ai soliti prezzolati, che a tutt’oggi sostengono che “Mussolini ha fatto anche qualcosa di buono”, va ricordato che il tutto è redatto su documenti ufficiali del regime.
Non è mai stato stilato un bilancio sul numero delle vittime, di certo più e differenti fonti concordano su cifre che arrivano a più di migliaia di morti. A strage compiuta gli esecutori sono tornati, sazi di sangue, in seno alle proprie famiglie come se nulla fosse accaduto.
Il macabro rituale proseguì con la deportazione di popolazioni inermi costituite, in maggior misura, anche in questo frangente, da donne bambini e vecchi. La bestialità di Mussolini arrivò a ordinare che non venissero rispettati i contrassegni della Croce Rossa Internazionale, di tale schifezza esiste un documento ufficiale. Il mito dell’Italia coloniale si frantumò in poche ore fra le alture di Abba Garina e quelle di Sauria.
Sul terreno restarono cinquemila soldati italiani straziati dai cannoni di Ras Balcacià e dalle lance della cavalleria galla.
Altri duemila venivano fatti prigionieri, da chi stava combattendo per l’indipendenza del proprio paese. Con Adua finiva la prima esperienza italiana nel Corno d’Africa, disastrosa e umiliante.
La boria fascista non imparò la lezione sbarcando in Cina (parentesi storica sconosciuta ai più) con una spedizione di nuovo finanziata con denaro pubblico e in coda ad altri stati europei accontentandosi di miserabili saccheggi territoriali e economici.
Anche in questo frangente il marchio di fabbrica declinava al ruolo di pezzenti.
Così la testimonianza del Colonello Tommaso Salsa: “E’ doloroso dirlo, ma la nostra Marina è stata qui e dovunque di una imprevidenza incredibile. Non il più piccolo mezzo da sbarco fu procurato per scaricare i vapori, non un po’ di terreno per la truppa e dei magazzini provvisori a Ta-Ku, non un solo pontile d’arrivo…e così facciamo la peggiore delle figure dovendo continuamente andare ad elemosinare una cosa o l’altra da altre nazioni…”.
Con documentata cadenza, Angelo Del Boca analizza come anche in Cina la bestia fascista stabilì una macabra continuità con quanto compiuto in Africa.
Dal diario di Luigi Barzini: “Ogni freno è stato spezzato; si direbbe che la bestia umana abbia preso il sopravvento sull’uomo. L’assassinio, il saccheggio e l’incendio non hanno risparmiato né una casa, né un fuggiasco”.
Angelo Del Boca – “Italiani brava gente? – BEAT Editori, pp. 333, Euro 9
Mauro Bianchini