Siamo in aperta campagna, sulla strada che da Sesto Calende arriva a Taino, nei pressi del famoso "Mass della Preja Buja", in quel nodo strategico sulla via gallico-romana che anticamente metteva in comunicazione il nord (Svizzera) con il centro dell'Insubria e della Val Padana. E a proposito di viaggi e pellegrinaggi, conviene ricordare che proprio "a Sesto Calende, per la sua stessa posizione all'imbocco della via verso le terre piemontesi, non si cesserà di vedere il transito di numerosissimi viaggiatori e, ancora nel Seicento, si sentirà l'esigenza di fondare un ospedale da servire per l'Albergo di una notte de' Pellegrini e Poveri Passeggeri".
Con la semplicità tipica delle cappelle rurali, l'Oratorio di San Vincenzo rappresenta un elemento interessante dell'architettura romanica varesina. Costruito nel XI secolo, esso sorge in un'area di particolare valore archeologico e, data anche la sua strategica ubicazione lontana dall'abitato, servì spesso da lazzaretto in occasione di epidemie e, ancora nel 1884, ospitò i colerosi.
Questo piccolo edificio, ora di proprietà comunale, presenta in facciata segni di rimaneggiamenti strutturali che ne mutarono l'aspetto, e tracce, oggi del tutto illeggibili, di affreschi che testimoniano che un tempo anche la facciata esterna doveva essere decorata.
L'interno era probabilmente interamente decorato da affreschi, dei quali rimangono solo alcuni brani databili tra XV e XVI secolo: le figure affrescate furono certamente eseguite come offerte votive da diversi fedeli che avevano ricevuto grazie; ecco spiegato perché, ad esempio, a distanza di anni, si ripetono nello stesso
edificio alcuni santi.
Davanti a noi un vero "centone artistico", un autentico palinsesto attribuibile a più mani e a più botteghe di artigiani.
Sulla parete destra, entrando, troviamo le immagini dei tre Magi, di San Vincenzo in veste di diacono, di Sant'Antonio da Padova e di San Giorgio che trafigge il drago.
A sinistra dell'abside si legge un brano molto guasto con S. Rocco.
Ma il ciclo di affreschi più ricco è nell'abside. Una fascia di dipinti presenta al centro, entro una finta architettura riccamente decorata, l'immagine della Vergine con il Bambino, San Vincenzo e Sant'Anastasio. Ai lati del finto trittico troviamo uno straordinario, e credo unico per la zona, repertorio di figure invocate contro pestilenze e malattie endemiche: a destra per chi guarda, S. Rocco nel consueto vestito da pellegrino, S. Giobbe, S. Nicolò da Tolentino, S. Bartolomeo. A sinistra, San Francesco che riceve le stimmate, San Bernardo e Sant'Antonio Abate.
Durante i restauri che si conclusero alla fine degli anni Ottanta, furono rinvenute importanti notizie storico-artistiche, grazie alla scoperta di alcune scritte, tra cui il nome del probabile autore "Antonio de Mozis", la data di esecuzione "1506 die .2.X" e il nome del committente "Hoc opus fecit fieri Dom. Antonius Cagnola".