Raccontano invece la negazione del vissuto traumatico le ceramiche di Alice Olimpia Attanasio. Sono candidi busti femminili di sapore neorinascimentale sui quali irrompe l'imprevisto sotto forma di un elemento disturbante, che può essere un uccellino annidato tra i capelli – chinato a bucare col becco la fronte – o un piccolo missile conficcato nel cranio. Anche i disegni, delicatissimi, si pongono in bilico tra canto lirico e oscura minaccia, creando un senso di spaesamento e di inquietudine.
Tre poetesse, Sylvia Plath, Anne Sexton e la giovane libanese Joumana Haddad, sono le donne che Giovanna Lacedra pone al centro del suo lavoro. I visi delle prime due autrici confessional, declinati in serie di acquerelli leggerissimi, raccontano da un lato la dissoluzione dell'io e dall'altro la strenua ricerca di sé. Dalle fendenti parole della Haddad, invece, l'artista recupera e reinterpreta l'orrore delle spose bambine. L'aspirante, una performance ispirata all'omonima poesia della Plath, aprirà la mostra il giorno dell'inaugurazione, mentre un video racconterà il dramma subdolo dell'abuso all'infanzia.
Alessandra Redaelli, Curatrice
Fino all'8 aprile