Guazzabuglio – È ormai pacifico, si fa per dire, che la scuola italiana stia attraversando un momentaccio. E a detta di chi lavora nella scuola pubblica, questo momentaccio pare durare da troppo tempo, assumendo i toni della cronicità. Si è perso il conto delle manifestazioni, dei presidi e dei sit-in di reti sindacali, rappresentanti di categoria, giovani universitari e docenti (di ruolo e precari) che si sono messi di traverso e si stanno confrontando per discutere ogni aspetto della recente legge Gelmini che, di fatto, non è ancora applicata e per certi aspetti pare essere inapplicabile. In tempi di preiscrizioni, stanno emergendo tutte le contraddizioni e le difficoltà di una riforma che è stata sì approvata in Parlamento, ma per la quale, pare, manchino le mosse attuative.
Il docente, dove lo metto – Il "Rapporto 2009 sulla scuola italiana" elaborato dalla Fondazione Giovanni Agnelli assume tinte fosche. Manca il turn over (e quest'anno sono state bloccate le SSIS per materia), il 55 per cento dei docenti italiani supera i cinquant'anni. Un trentennio fa erano molto più giovani. E molti di meno. Anomalie tutte italiane: numeri ipertrofici, esubero di precari (240 mila) e un rapporto studenti-insegnanti che oscilla intorno a 11 al netto dei posti di sostegno, uno dei più bassi dell'area OCSE (dove la media è 14).
Il vecchio annuario – Una vecchia storia all'italiana, dunque, nella quale ogni generazione ha da raccontare le "sue" riforme. E il subbuglio investe anche la scuola paritaria. È fresca di questi giorni la notizia della minaccia di mobilitazione da parte delle scuole cattoliche per i tagli alle scuole paritarie. Monsignor Bruno Stenco, direttore dell'Ufficio nazionale della Cei per l'educazione, ha tuonato contro il taglio di circa 130 milioni di euro, annunciando che "le federazioni delle scuole cattoliche si mobiliteranno in tutto il Paese". Pare che davvero nessuno, nel vasto e variegato mondo della Scuola possa più dormire su quattro guanciali.
La guerra delle ore – A seguito del documento di bozza di riforma dei quadri orari (che prevede una diminuzione delle ore di insegnamento di Storia dell'Arte nei Licei), l'ANISA (Associazione Nazionale Insegnanti Storia dell'Arte) ha firmato un documento pubblico. Così scrive Clara Rech: "…In particolare ci sembra del tutto ingiustificato che le ore di insegnamento di Storia dell'Arte diminuiscano al Liceo Artistico per evidenti ragioni di indirizzo di studi e, soprattutto, che al Liceo Classico, si adotti la scelta penalizzante di assegnare una sola ora settimanale alla disciplina, sia al biennio che al triennio (…) Sul piano dell'efficacia didattica, che peso può avere l'insegnamento di una disciplina per una sola ora settimanale, specialmente nell'anno finale quando la Storia dell'Arte è il perno su cui ruotano la maggior parte dei percorsi interdisciplinari che gli studenti elaborano per gli esami orali? Senza parlare del fatto che, vista l'infondatezza didattica di un insegnamento con una unica ora settimanale, nella maggior parte dei Licei Classici sono da anni in atto sperimentazioni consolidate che vedono la presenza della disciplina per 2 ore settimanali per cinque anni (…). Si chiede pertanto di assicurare agli studenti della Scuola Italiana e, in particolare, a quelli del Liceo Classico ed Artistico, un insegnamento della Storia dell'Arte adeguato affinché si possa garantire in modo efficace la formazione disciplinare e culturale dei nostri studenti. Infine, se vogliamo che i cittadini di domani difendano i principi enunciati nell'art. 9 della Costituzione, occorre che conoscano il patrimonio storico-artistico che saranno chiamati a salvaguardare. O è proprio questa consapevolezza che si vuole cancellare?"