"La traccia del mio lavoro è da sempre quella: l'amore per la natura, il disagio dell'uomo per la barbarie verso la natura. Natura e tecnologia e la necessità di conciliare questi due termini".
A parlare è Livio Borghi, settantenne artista di Rescaldina, tenacemente, ferreamente dotato di una incrollabile coscenza: nel valore educativo del proprio testimoniare, attraverso l'arte, la necessità di non derogare dall'ascolto degli argini, dell'humus, delle foglie, delle ombre, di riproporle anche attraverso la riproduzione articiosa del mezzo meccanico per una sempre maggiore consapevolezza.
Dopo anni di corteggiamento inappagato, Livio Borghi approda alla Cesare da Sesto, spazio che si conferma tra i più coraggiosi e anticonvenzionali della provincia. Con una mostra dal titolo suggestivo: Waterfront di Sesto Calende: il lungo Ticino, che lascia presagire un intervento invasivo dell'artista non nuovo a presenze piuttosto visibili nello spazio naturale, più a suo agio all'aperto che non nel chiuso di un locale espositivo.
In realtà nello specifico, Borghi ha preferito non intaccare né il lungo fiume alberato di Sesto, né il profilo del palazzo comunale che ospita la sede della Galleria. L'unica concessione alla installazione ad hoc si trova nel cortile interno nel ghiaietto. "All'esterno ho voluto concludere conn una nota di riscatto – spiega l'artista – un frassino che ho recuperato da un argine, sepolto dalla ghiaia, ma in modo da far emergere i rami, contornato da farina di grano, quasi un tocco di luce che dà speranza".
All'interno della Cesare Da Sesto, invece, Borghi, ripropone i suoi temi classici: le Ombre, le Genesi, i Paesaggi Ritrovati, l'Ecce Homo, gli autoritratti allo specchio in cui la natura compare, onnipresente, dipinta, fotografata, artificializzata con le tecniche digitali, via via sempre più declinanti verso tonalità autunnali, appassite.
La mostra sestese segna anche il ritorno di Gianpaolo Manfredini, noto architetto varesino, appassionato di esperienze artistiche, a lungo trasferitosi al sud, dove tuttora insegna in Sicilia, innamoratosi del lavoro dell'artista e pronto a dare alle stampe un catalogo riassuntivo della sua opera. "Non sono riuscito a produrlo per questa occasione – si rammarica Borghi – però è forte l'esigenza di tirare i remi in barca, di fare il punto della situazione.
Lo sguardo attento di Manfredini è stato in grado di trovare addentellati tra la mia opera con la filosofia e la scienza di cui non ero del tutto consapevole. Ma del resto si sa: fare arte è un po' come aprire le finestre". E l'aria, anche se non vuoi, circola.