Vera PortatadinoVera Portatadino

Le diversità che fanno crescere – Era una giovane che stava muovendo i primi passi nel mondo dell'arte, con alle spalle anni di studio alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano e una breve frequentazione dell'Accademia di Belle Arti di Brera. Ora Vera Portatadino, giovane artista di Comerio è fresca di un soggiorno a Londra che l'ha fatta crescere soprattutto dal punto di vista professionale, nelle aule del Chelsea College of Art and Design dove ha studiato dall'agosto 2007 fino allo scorso settembre. Un'aria internazionale e nuovi stimoli hanno portato Vera dalla strada della video arte verso quella della pittura. Londra ma non solo, anche la conoscenza della personalità di Andreï Tarkovski hanno dato la svolta all'arte di Vera, che ci racconta la sua esperienza all'estero e la partecipazione al Premio San Fedele.

Risale a qualche sera fa la presentazione del tuo lavoro al Premio San Fedele di Milano.
"Si, sono tra i partecipanti al Premio San Fedele, scelta da Daniele Astrologo Abadal. In occasione della presentazione, ho voluto riassumere nel tempo a disposizione il mio lavoro gli ultimi due anni scorrendo i momenti più significativi della mia ricerca, prima e dopo Londra. Sono passata da una visione puramente concettuale ad una pittura su grande scala, dal multimediale all'uso dei colori ad olio. Il fil rouge del mio lavoro era sempre stato il tema dell'identità come ricerca e bisogno di un IO unico e direzionato, fatto di frammenti ma non disgregato, dove la mia storia, le mie esperienze, i miei ricordi, i miei incontri ma anche i miei sogni e desideri e speranze trovano unità".

Us And Them (And After All We're Only Ordinary Men) 2010Us And Them
(And After All We're Only Ordinary Men)
 2010

Sono cambiate anche le tematiche che affronti?
"Sono sempre stata molto ferma sulle mie idee e su quello che voglio trasmettere con l'arte. Oggi nei miei quadri si vedono dettagli di una realtà quotidiana, di scorci industriali, piloni dell'elettricità, ciminiere, veri e propri relitti industriali dai più considerati brutti, ma che mi affascinano moltissimo".

Cosa ti colpisce di questi soggetti?
"Li considero metafora dell'uomo. Sono una sorta di immedesimazione dell'uomo, della finitezza di questo in opposizione all'infinito della natura. Visioni antropomorfe che nascono dal desiderio di rappresentare l'umanità ma senza l'utilizzo di figure. Altri sono i temi ricorrenti nelle mie opere: il tempo, la nostalgia, la bellezza… Mi piace giocare su questa presenza-assenza. Mi interessano molto i segni lasciati e spesso abbandonati dagli uomini. Odorano di tempo, raccontano vite in modo misterioso eppure coinvolgente. Una vasta parte della mia produzione è sempre stata il disegno come immediata annotazione dei frammenti di realtà circostante, come archivio di memorie. Spesso nei disegni la figura umana e l'autoritratto sono al centro dell'attenzione, in maniera completamente opposta alla pittura, dove invece l'uomo compare incarnandosi negli oggetti-relitto, ma mai direttamente".

'The Epiphany' 2009'The Epiphany' 2009

Londra che ruolo ha avuto nel tuo cambiamento?
"Si ritrova materialmente nella mia pittura l'esperienza del viaggio a Londra. Nei bordi frastagliati, nella delicatezza della pittura, dei segni lasciati con la carta vetrata, nelle cancellature… una vera e propria riflessione compiuta sulla pittura stessa. Ricordi che entrano a far parte dell'opera e che diventano al tempo stesso momenti nuovi da vivere. Nei miei quadri non dimentico mai il dialogo con il pubblico: una parte di astrazione permane per descrivere la ricerca spirituale, emotiva, abbinata ad una parte figurativa che permette allo spettatore di trovare un appiglio nell'opera. La scelta di lavorare su grande scala mi permette un dialogo anche personale, diretto con l'opera, avvertendo la sproporzione: io piccola, la tela enorme, come il rapporto tra l'oggetto-natura, l'uomo-mondo. Per quanto mi riguarda, solo la pittura ha questa capacità grandiosa di ridarti la fisicità dell'estasi di fronte ad una visione poetica, dove il corpo è fattore essenziale nell'esperire il paesaggio, la natura, la terra, l'acqua, il fuoco, l'aria, la materia… proprio come quando guardi i film di Tarkovskij: Natura, Oggetti, Derelitti, sporadici uomini, ma sempre presenti e tanto, tanto senso del Mistero, tanta fame di bellezza.

Quali sono le tue guide e i punti di riferimento per la tua arte?
"Sicuramente l'opera del regista russo Andreij Tarkovskij. A parte lui, non considero nessun altro il mio maestro prediletto. Ho certamente avuto molte influenze: dai disegni preistorici a personaggi come Luc Tuymans, Raoul De Keyser, Rothko, ma anche Mirò, Hiroshi Sugito, Peter Doig, George Shaw… e tanti altri. Ha avuto un ruolo importante nel mio viaggio il Direttore del Master alla Chelsea College of Art and Design di Londra, un uomo che mi ha fatto scoprire il valore fondamentale dei miei errori. Attraverso gli errori ho avuto le intuizioni più significative, proprio come approccio al dipingere stesso, oltre che di contenuto".

Once, dettaglio installazione di cento disegni su cartaOnce
dettaglio installazione di cento disegni su carta

Una giovane artista che prima di partire aveva già assaporato il mondo dell'arte nel nostro paese. Qual è la situazione che hai trovato a Londra?
"Hanno una visione completamente differente della creatività, non puntano esclusivamente a conservare le opere del passato, ma investono moltissimo sull'arte e la cultura del presente, convinti che possa essere socialmente utile. Oltre ad un riconoscimento pratico, perchè quello che fai viene considerato al pari di una professione, esiste anche un sostegno materiale di tutto ciò di cui hai bisogno per svolgere la tua attività nel migliore dei modi: spazi, materiali, contatti, concorsi, occasioni… Non esiste un'èlite, l'essere isolati, individualisti, ma un'idea di comunità, di collaborazione, una vera e propria factory".

Hai avuto modo di esporre i tuoi lavori durante il soggiorno londinese?
"Si, da questo punto di vista ho arricchito il mio curriculum con mostre in luoghi più o meno noti, legati e non al mondo dell'università. Il corso che ho seguito, inoltre, si è concluso con l'organizzazione di un'esposizione da parte degli allievi. Anche questa è stata un'occasione importante con cui confrontarmi direttamente con il pubblico, la critica, i giornalisti".

E ora? Arricchita di questa esperienza che cosa pensi di fare?
"Per un po' mi fermo in Italia, anche se Londra mi manca molto. A Comerio sto sistemando una casa e un atelier dove poter lavorare. Lavoro qui mantenendo il più possibile i contatti internazionali e gli amici che ho conosciuto negli ultimi anni".