fotografia di V.Berg – da internet –
Agostino Osio, fotografo d'arte attivo da tempo in più luoghi italiani ed esteri, a contatto costante con tanti artisti contemporanei, ha scelto di partecipare attivamente a Roaming. Un'iniziativa che l'ha accattivato dall'inizio, quando gli è stata proposta, che gli ha restituito soddisfazione e curiosità. Per un occhio esperto un evento concepito in questi termini effimeri di durata e spazio è l'ennesima occasione per misurarsi con le proprie convinzioni professionali. Abbiamo fatto alcune domande ad Osio il giorno dopo il Roaming milanese, per indagare da vicino il suo operare.
Com'è andata l'esperienza di ieri?
"E' stato faticoso, erano 13 gli artisti in mostra. Per me è impegnativo, non amo stare nelle inaugurazioni, ma è andata bene. A me è piaciuta la mostra, non tutti i lavori ovviamente allo stesso modo, ma credo che anche il sito internet proposto sia davvero ben riuscito, fatto in maniera intelligente. E' la vera conclusione del progetto Roaming e credo sia brillante, anche come grafica".
In che modo ha ritratto le opere esposte?
"Ho guardato con un duplice punto di vista. Prima di tutto in relazione all'architettura, allo spazio: ho guardato cosa è successo lì dentro, nella galleria che conosco. Poi ho guardato le opere. Tra opere ed architettura si crea un matrimonio strano ed interessante, ma è difficile creare un'armonia. Sono partito dallo spazio, ma non regge da solo se si parte da lì, funziona con le opere. Poi credo sia venuto bene il lavoro, anche perchè Roaming non ha un progetto curatoriale rispetto a quel luogo, si crea al momento la sinergia".
Era presente molto pubblico?
"Sì, ma non il solito pubblico. Frequento da anni il mondo dell'arte contemporanea, artisti e gallerie, in questo caso erano per me persone non note. E' un progetto che ha incurisito tanti e sono felice di aver partecipato".
La presenza delle persone quanto ha condizionato il suo lavoro?
"Non amo fotografare durante le inaugurazioni, ma in termini professionali non cambia nulla: la fotografia è un dato di fatto, si esaurisce in un preciso momento. Faccio solo più fatica se il luogo è affollato. Poi sembra uno spettacolo e l'ultima cosa che voglio fare è far spettacolo. L'opera d'arte vive anche senza il pubblico, anzi nell'arte contemporanea vive grazie all'architettura e per l'architettura".
Ha già vissuto un'esperienza simile?
"Tante, ma ogni volta è diverso, non posso elencarle perchè se dimentico qualche artista…".
Un lavoro del passato che ricorda con piacere qual è?
"Ma in generale collaborare con gli artisti. Forse… – ci pensa per un pò – è stato il lavoro fatto con l'artista contemporanea Coralla Maiuri, un'opera nella campagna romana. Ho realizzato una fotografia finale che l'artista ha esposto. Però sono davvero molti i lavori che mi hanno dato soddisfazione, come le esperienze al Louvre, nell'Hangar Bicocca e anche altri artisti che ho seguito nella galleria Assab One".