Tra i numerosi capitoli del saggio Frenologia della Vanitas, del critico d'arte Alberto Zanchetta, ve n'è uno dedicato agli ossari e ad altre particolari forme di offici funebri, come la Torre dei Teschi in Serbia, nelle cui pareti sono murate circa un migliaio di teste dei patrioti uccisi durante l'insurrezione del 1809, o la cripta di Santa Maria della Concezione dei Cappuccini a Roma, decorata con le ossa di circa 4000 frati cappuccini, mummificati con indosso le vesti tipiche dell'ordine. Casi analoghi, e spesso molto più complessi, si trovano in molte chiese e cattedrali straniere: crani, denti, femori, costole e falangi, concorrono a creare un vero e proprio sistema decorativo-scultoreo che plasma, o arricchisce, volte, soffitti, candelieri, mosaici, ostensori e vari oggetti liturgici. Idea di matrice quattrocentesca che il Medioevo trasformò magistralmente in «un'esposizione indirizzata a colpire i sensi dei fedeli».
Senza andare troppo lontano, nel capoluogo meneghino, a pochi metri dal Duomo, è possibile ammirare una di
queste misteriose, quanto affascinanti, testimonianze nel famoso Santuario di San Bernardino alle Ossa. I milanesi lo chiamano l'ossario "degli innocenti": un piccolo edificio a pianta quadrata, i cui muri sono interamente ricoperti di teschi e frammenti ossei anticamente deposti nel cimitero attiguo all'ospedale locale, situato nell'attuale via Brolo, vicino alla basilica di Santo Stefano. Migliaia di crani e scheletri appartenenti a vagabondi, infermi, nobili milanesi – sepolti nelle vicine chiese – ma anche agli stessi canonici della basilica e ai condannati morti, dopo che nel 1622 il loro sepolcreto si dimostrò inadeguato ad accoglierli. A seguito dell'incendio che nel 1712 distrusse la struttura originaria, il complesso venne ricostruito nel 1750 da Carlo Giuseppe Merlo, architetto della Fabbrica del Duomo, e quindi annesso, attraverso un arco di trionfo, ad una più ampia chiesa a pianta centrale, voluta dai Disciplini della Confraternita per accompagnare il culto dell'Ossario, divenuto sempre più comune e diffuso nell'area lombarda.
Le ossa che ricoprono le nicchie e il cornicione, adornano i pilastri e fregiano le porte della cappella (molte sono disposte in cavità modellate a forma di croce), creando un ambiente macabro, ma allo stesso tempo del tutto singolare, che si contrappone tematicamente e simbolicamente alla speranza del Trionfo di anime fra angeli (1695), affrescato nella cupola dal bellunese Sebastiano Ricci. L'altare, realizzato con marmi pregiati e ornato con gli emblemi della passione di Gesù, è sovrastato da una nicchia con la statua di Nostra Signora Dolorosa de Soledad vestita con un camice bianco, coperto da un nero mantello ricamato d'oro, e inginocchiata presso il Cristo morto. Uno scenario lugubre quello del famoso ossario milanese, accompagnato da un'anonima e bizzarra leggenda, secondo la quale sulla sinistra dell'altare è sepolto anche lo scheletro di una ragazzina che durante la notte dei morti esce dal suo tumulo e trascina con sé tutti i suoi simili, inscenando un'inquietante danza macabra, udibile anche al di fuori della cappella.