L'ombelico del bello – L'arte greca conquista l'Italia. E dunque anche gli abitanti del Varesotto che devono senza indugio andare a Mantova per vedere a Palazzo Te questa mostra ricca di capolavori visti finora, tutti insieme, solo sui manuali di storia dell'arte. Salvatore Settis ne é il curatore con Maria Luisa Catoni e altri studiosi, impegnati a far intendere come l'antica Grecia sia diventata, proprio grazie alla mediazione prima dei Romani e in seguito degli intellettuali del Rinascimento, una componente imprescindibile della cultura europea.
Le tre sezioni – La rassegna, per qualità e quantità di prestiti veramente irripetibile, invece di seguire un criterio puntigliosamente cronologico, si snoda in tre sezioni distinte; distinte anche negli spazi imponenti e suggestivi di Palazzo Te (l'unica sala lasciata senza opere classiche é quella dei Giganti: lo strabiliante manierismo degli affreschi di Giulio Romano proprio non s'addice ad esse). La prima é incentrata sull'Italia greca e qui si ammirano alcuni kouroi dalle dolci fattezze e l'Apollino Milani con la testa (Osimo, collezione privata) incorniciata dalle onde dei capelli a treccia appoggiata eccezionalmente sul suo torso (Firenze, Museo Archeologico) teneramente modellato.
Graecia capta, ferum victorem – Nella seconda sezione, statue (ne sono presenti alcune, rarissime, in bronzo) e pitture – davvero incantevole la lastra di marmo dipinta delle Giocatrici di astragalo, da Ercolano – documentano le importazioni dalla Grecia e le smanie dei collezionisti romani di possedere, se non gli originali, almeno copie dei capolavori di quella terra. Come non ricordare i versi di Orazio: "Graecia capta ferum victorem cepit et artes/intulit agresti Latio"?
Capolavori recuperati – Infine, la terza parte, ambientata con elegante sensibilità da Andrea Mandara nelle "Fruttiere" del palazzo, ci parla della "nostalgia della Grecia" che percorre i due millenni "dopo Cristo": conquista il gioco sottile e avvincente delle due versioni, una in bronzo (Roma, Musei Capitolini), l'altra in marmo (Modena, Galleria Estense), dello Spinario e le variazioni sul soggetto da parte degli artisti del Rinascimento, ed emerge il possente Torso del Belvedere (Città del Vaticano, Museo Pio-Clementino), fonte di ispirazione da Michelangelo a Rodin. E poi alcune testimonianze riconosciute come originali della Grecia a partire dagli studi e dalle intuizioni di Winckelmann e opere che ritornano, dopo essere state trafugate clandestinamente, come il Cratere di Euphronios restituitoci poco più di un anno fa dal Metropolitan di New York.
La virtù porta onore – Cosa segnalare fra i tanti capolavori? Pressochè tutte le opere sono conosciute e ammirate, ma mi piace additare il torso del Doriforo di Policleto (Firenze, Uffizi), una copia del primo secolo d.C. in basalto, vibrante di energia che é riflesso di alti valori etici, e anche il frammento con la testa di un giovane dal fregio Nord del Partenone (Città del Vaticano, Museo Gregoriano): davvero kalos kagathos, come ci avevano insegnato al liceo.