L'uomo dipinge tutto l'anno. Ininterrottamente. Nel suo studio milanese. A Venezia, dove trascorre diversi periodi dell'anno. Il suo cuore e il suo terzo studio, quello a cui è più legato, è però qui, a Cadegliano Viconago, a due passi dal Ceresio. Qui una trentina d'anni fa restaurò una villa, e vi si trasferì nei periodi estivi con la famiglia, qui negli anni gli è stata allestita una piccola antologica permanente della sala consiliare del Municipio, dedicata dall'amministrazione alla compianta figura della moglie Erminia, da qualche tempo deceduta.
Sono diverse le ragioni che riportano oggi alla ribalta la pittura di Gianpietro Maggi a Cadegliano. Ragioni di cuore, ragioni di gratitudine. Lui stesso è stato nominato cittadino onorario del paese. "Una cosa che mi hanno tanto piacere" ricorda adesso. La terza e non meno importante ragione è la condivisione di una causa giusta: il recupero degli affreschi nel piccolo gioiello che è la chiesa di Sant'Antonio, millenaria di fondazione, ospitante affreschi che via via rivelano qualità e rimandi a nobili scuole e inaspettata bellezza.
Maggi la sua non è una presenza inedita a Sant'Antonio.
"Si, ormai è da parecchio che c'è questa consuetudine di allestire una mia mostra estiva. Più o meno ogni due anni Lo faccio con piacere, per gratitudine. E per una causa alla quale tengo tantissimo: aiutare l'Associazione recupero e tutela chiesa di Sant'Antonio".
In cosa consiste il contributo?
"Coperte le mie spese vive, tutto il resto è devoluto per i lavori di ripristino e di recupero degli affreschi".
C'è un motivo particolare per cui è così legato ad questo edificio, che, tra l'altro, è Monumento Nazionale?
"Intanto perchè è davvero un gioiello architettonico e artistico. E all'interno presenta una sequenza di affreschi straordinari, presumibilmente della scuola di Leonardo, di Bernardino Luini, altri addirittura ancora più precoci. Per riportarla al suo splendore occorre ancora un lungo lavoro. Per secoli è rimasta scoperchiata, sugli affreschi si è creata una patita, una scorza spessa che sembra porcellana: che da un lato li ha protetti, dall'altro per eliminarla occorre tanto tempo e tanti soldi. Ma c'è anche un motivo personale: sono devoto a Sant'Antonio, è il mio santo. Da bambino sono stato portato da mia madre a Padova, alla Basilica, per una grave malattia. Se sono qui, sono sicuro di doverlo anche a lui".
La gente, i visitatori capiscono il senso di questa operazione, partecipa?
"Solitamente sì, c'è molta partecipazione e molta generosità".
Quali saranno i temi in mostra?
"Quando espongo qui mi piace presentare le impressioni del luogo, i paesaggi locali della Valganna, della Valmarchirolo, luoghi e visi di questa terra. Sono ancora legato ad una pittura che racconti un mondo normale, fatto di dignità e forza, povero anche. Mi piace raccontare la Milano che sta scomparendo, o la Venezia meno luccicante e sfarzosa, quella più malinconica, delle calli nascoste".
E' la lezione del suo maestro Domenico Cantatore?
"L'ho avuto alla scuola del nudo. Un maestro ideale, una forza straordinaria, nei visi delle donne, nei personaggi delineati con grande potenza espressiva. Ma nel proseguio della mia attività ho avuto altre figure di riferimento, anche di questa zona. Penso a Gino Moro, a Cristiano De Amicis".
Lo spirito della sua pittura è vagamente, nobilmente retrò.
"Sarà per il mio amore per gli impressionisti o per Van Gogh. O per i macchiaioli, artisti sublimi, maestri del colore quasi quanto o forse più dei francesi".
Poi certo nelle mie opere traspare il mio amore per gli impressionisti, per Van Gogh, per i macchiaioli, maestri del colore anche più dei francesi".