In qualità di responsabile della sezione varesina dell'Istituto Nazionale per la Storia del Risorgimento, il professor Luigi Zanzi, in occasione di un'intervista rilasciata a LA6, affronta la questione del Bicentenario di Giuseppe Garibaldi. Non nasconde lo stupore nell'aver trovato gli enti pubblici tutti interessati – Il Comune, la Provincia, la Regione e il Comitato Nazionale per le celebrazioni – sordi o indifferenti alle sue proposte.
Proposte non banali, anzi puntuali, così com'è nella statura e nel carattere di una delle menti più acute della città. A Zanzi pare incredibile che, per ignoranza, i governi locali trascurino uno dei periodi storici più importanti e originali della storia moderna di Varese e dintorni. Il Risorgimento, infatti, si declinò a Varese in due momenti principali, il 1848 e il 1859, nettamente distinti per motivazione politica e ideale: il primo di stampo mazziniano-repubblicano, il secondo monarchico-liberale.
In entrambi i casi, comunque, a sollevare la cittadinanza e le sue contrade fu Garibaldi, che nel territorio di Varese diede formidabile dimostrazione di come tenere in scacco un esercito regolare molto più numeroso – quello austriaco – con la tattica sagace di una guerriglia condotta a partire da una conoscenza del terreno, così come soltanto reclute e comandanti locali potevano conoscerlo.
Sarebbe intendimento del professore riproporre alla città una lettura inedita e avvincente delle operazioni militari – almeno simbolicamente importanti – legate a Garibaldi e al suo modo di combattere, visualizzandole sulla carta e approfondendo la vasta messe iconografica cui hanno dato luogo.Almeno nel 1848, poi, non è vero che le popolazioni subirono gli avvenimenti storici dell'epoca, ma vi parteciparono, in una tensione tuttavia non semplicemente unitaria, ma anzi rivolta a tutelare la propria autonomia politica.
Con buona pace di chi – vedi Lega Nord – associa Garibaldi e il Risorgimento tutto al processo di accentramento politico e amministrativo attorno allo stato unitario. Che pure trionfò, infine, ma attraverso episodi, come quello di Varese, che meritano una "revisione" storica continua e non una piatta lettura ideologica.Scandaloso, inoltre, il fatto che sia chiusa al pubblico da anni la sezione risorgimentale dei Musei Civici, come se quella parte di storia locale non fosse degna di essere conosciuta.
Per tacere della statua originale del Monumento ai Cacciatori delle Alpi, "dimenticata" nell'androne della ex Caserma Garibaldi. Zanzi è indignato: ha ideato un programma articolato di iniziative, che nessuno vuole finanziare, disconoscendo una pagina del tutto "speciale" – e tutt'altro che prona ai Savoia – della storia varesina. Nella palpabile delusione, cercherà di salvare il salvabile con le sue forze, magari ospite dell'Università dell'Insubria, di cui è docente, con alcune conferenze miranti a raccontare alcuni aspetti poco noti delle gesta prealpine di Garibaldi.
Altro obiettivo che si è posto, ripubblicare la "Memoria del Della Valle", interessante documento redatto quando Varese, nel 1859, era sotto la minaccia dei cannoni del felmaresciallo austriaco Urban. Insomma, Luigi Zanzi è più battagliero che mai, e sicuramente sparerà qualche cartuccia delle sue. Chissà se Varese, sotto questa minaccia intellettuale e civile di uno dei suoi cittadini più autorevoli, reagirà.
Perchè il silenzio non è sempre d'oro, e l'immagine di Varese, città garibaldina "originale" – così come Luigi Zanzi si appresta a dimostrare – avrebbe tutto da guadagnarci, nell'indossare una camicia rossa che sarà un po' lisa, ma nell'armadio, in questa ricorrenza, proprio non può stare.