Poco più di un anno fa, a 98 anni d’età, moriva Luigi Agrati. Insieme ai fratelli Carlo e Peppino, aveva fondato una delle aziende leader di mercato nei sistemi di fissaggio, ora guidata dal nipote Cesare, rimasta fortemente legata al suo territorio, la Brianza – la sede è a Veduggio – e diventata oggi un Gruppo multinazionale che conta 2500 dipendenti.

Luigi e il fratello Peppino erano imprenditori illuminati, sensibili ai nuovi movimenti e alle nuove tendenze che avanzavano, non senza contraddizioni e critiche, nell’arte in quel periodo di tempo che va dalla fine degli anni Sessanta agli anni Novanta. E hanno portato avanti una collezione, arricchitasi nel corso degli anni, di lavori di artisti nazionali e internazionali, soprattutto americani, con una intuizione e una sensibilità uniche, prima che la loro fama fosse ufficialmente riconosciuta e certificata.

Ma gli Agrati non si sono limitati all’acquisto di opere, hanno voluto anche conoscere gli artisti che le realizzavano, parlando con loro, cercando di entrare nel loro mondo creativo. Importante il rapporto che hanno avuto con Fausto Melotti, sia quello dell’esperienza astratta che quello delle opere in ceramica e della sperimentazione dei metalli duttili, e Lucio Fontana, di cui acquistarono il raro “Concetto spaziale” del 1957, che possiamo definire prodromo dei suoi “tagli”.

Tra gli artisti italiani, da segnalare numerosi artisti tra i quali Piero Manzoni, Enrico Castellani, Alberto Burri, Mario Schifano e Jannis Kounellis. Sempre nel tema del naturale-artificiale importante risulta la ricerca di Pino Pascali con la “Ricostruzione della balena” una finta scultura, un fossile bianco, che galleggia quasi sul pavimento, diffondendo attorno a sé un’aura metafisica.

Altri artisti importanti di cui gli Agrati acquisteranno le opere sono anche Mario Merz e Piero Gilardi, poi raggruppati nella definizione di “arte povera”. Molti altri lavori di Alighiero Boetti, Michelangelo Pistoletto, ecc. andranno a costituire la loro incredibile collezione. Ricordiamo che lo stesso Germano Celant, cui si deve la definizione di “arte povera”, curerà nel 2002 il catalogo intitolato “Un folle amore” (dal titolo di un’opera di Melotti), che illustra proprio la collezione Agrati. Collezione che nel 2004 verrà donata, con un gesto di grande liberalità, a Intesa San Paolo.

Tra gli artisti stranieri profondo il rapporto di amicizia che si instaurò tra Peppino Agrati e Rauschenberg. Ma non mancano anche altri artisti importanti come Andy Warhol e Jean- Michel Basquiat che riuscirono a suscitare l’interesse e la curiosità dei due appassionati collezionisti.

Lo stesso Christo, che era arrivato a Milano all’inizio degli anni Settanta per “impacchettare” alcuni monumenti al centro della città, diventerà loro amico, tanto che gli verrà commissionata la scenografia del giardino delle rose della loro villa.

Per la prima volta, anche il pubblico milanese potrà ammirare una selezione di queste opere (74 lavori), cogliendo così l’opportunità di apprezzare l’impegno, il gusto, la generosità e la lungimiranza di questi imprenditori, che pur riconoscendo nel lavoro quasi una religione laica, non hanno mai dimenticato l’importanza dell’espressione artistica, intercettando con estrema sensibilità l’atmosfera di un’epoca e i suoi, spesso convulsi, cambiamenti, insieme all’esigenza di “rivelare” (il titolo della mostra è proprio “Arte come rivelazione”) e condividere un patrimonio culturale e sociale che rispecchia un’epoca e ci aiuta a interpretarne il senso.

La Mostra è stata curata da Luca Massimo Barbero.

 

Ugo Perugini

Gallerie d’Italia – Piazza della Scala 6 Milano – Arte come rivelazione – da martedì a domenica 9,30-19,30; giovedì 9,30-22,30; lunedì chiuso. Ingresso gratuito.