E' morto Carlo Alberto Lotti, il noto restauratore varesino. L'uomo è deceduto in seguito ad un incidente stradale, occorso nel pomeriggio di giovedì 12 luglio mentre stava percorrendo con un amico l'A26 in direzione Gravellona Toce.
Di origini toscane, trapiantato a Varese, Lotti per molti decenni era stato sinonimo di restauro. Ma soprattutto di Sacro Monte, luogo nel quale e per il quale ha operato costantemente, dedicando molta della sua attività a sovrintendere i lavori di ristrutturazione delle Cappelle lungo la via Sacra, occupandosi in prima persona di interventi mirati su affreschi e sculture, spesso osteggiati dalle Soprintendenze, declinando la sua conoscenza in materia in volumi e guide dedicate: tra questi, quello recente pubblicato in occasione del Giubileo del 2000.
Nell'epoca d'oro della arte varesina, la sua era una presenza che si sentiva. Negli anni Sessanta e Settanta, non era difficile incontrarlo alle cene di artisti o presenziare all'allestimento di mostre in città. Era dentro il tessuto culturale. Con il sigaro sempre in bocca, toscano rigorosamente, traeva dalle sue origini il gusto della polemica. 'L'uomo dal fiore in bocca', acuminato polemista de Il giornale, foglio allora concorrente a La Prealpina, altri non era che Carlo Alberto Lotti, pronto ad intervenire con irruenza sagace sugli argomenti culturali della città. Specie quelli artistici.
Arcumeggia fu uno dei suoi terreni preferiti e le dispute sulla reale natura dei suoi affreschi. Con le sovrintendenze il rapporto non è mai stato tenerissimo. Ma ha avuto il privilegio di vivere, consulente di Monsignor Pasquale Macchi, l'intuizione geniale di aprire i luoghi antichi del sacro, al sacro contemporaneo. Così come è stato testimone oculare ed operativo di tutto ciò che ha circondato il murale di Guttuso, ai tempi della sua realizzazione e negli anni successivi, di pagina in pagina, affrontando anche ambienti non così famigliari come le aule del tribunale. Sovrintese anche a quel lavoro, malnato da subito, ne guidò la preparazione, osteggiando la scelta dell'artista. Fino a ieri rimaneva ancora tra i testimoni più attendibili di tutta l'annosa vicenda legata al capolavoro malato, un parere sicuro quando si voleva interpretarne i problemi.
Da Lotti impararono una nutrita schiera di allievi. Dentro il Monastero delle Romite, intanto, dove sotto la sua guida venne aperto un laboratorio fin dal 1969, per curare le preziose opere contenute nel silenzio del convento, fino ad un lungo elenco di giovani restauratori e restauratrici.