Il fondamento filologico – Un fondamento scientifico cui appigliarsi per trovare definitiva sistemazione alla gigantesca fusione in bronzo del Cavallo leonardesco. L'appiglio filologico, argomentato e documentato, viene da Carlo Pedretti, tra i massimi conoscitori di cose leonardesche, ed appare in un intervento su Il Domenicale. La soluzione potrebbe essere in un "revelino", una sorta di baluardo, pensato da Leonardo stesso probabilmente pentagonale, da collocarsi con relativa sicurezza nei pressi del Castello Sforzesco.
Mai prima – Una storia, questa dell'opera incompiuta del genio da Vinci, che ha sempre vissuto di emozioni, di utopie, di gigantismi di idee, di fallimenti anche, di tenacia, fino all'esito finale. La più grande statua equestre mai concepita. Per dimensioni e per ardimenti di pensieri costruttivi. Un animale regale, nello splendore della sua dignità, che si regge esclusivamente su due zoccoli. Mai concepito prima, né da Donatello per il suo Gattamelata a Padova, né dal Verrocchio per il Colleoni a Venezia e nemmeno nel capostipite, la statua di Marco Aurelio a Roma, sin lì modelli imprescindibili.
Arte contra bellum – Leonardo lo sogna e lo concepisce, in disegni e bozzetti, per celebrare gli Sforza. Ma al momento del passaggio finale, il bronzo necessario alla imponente fusione viene destinato ad esigenze belliche, contro i Duchi di Ferrara; il modello in creta, diventa bersaglio di cannoni delle truppe francesi. Il sogno svanisce, benché lo stesso Pedretti ricordi le evidenti tracce di collaborazione dell'artista toscano anche con i nuovi padroni di Milano.
La sfida e il regalo americano – Solo un americano poteva raccogliere la sfida. Charles Dent viene a conoscenza dei manoscritti originali di Leonardo, contenenti le note per la fusione. Ci crede. Riunisce un pool di una trentina di esperti, organizza una raccolta di fondi per tutti gli Stati Uniti. E' anche lui quasi all'ultimo giro di boa, ma muore nel 1994, poco prima che l'impresa memorabile vada in porto. L'opera monumentale è realizzata, il gigantismo del sogno, l'utopia di Leonardo si è concretizzata: quindici tonnellate di bronzo per più di sette metri di altezza. Nel frattempo si erano attivati i contatti con Milano. Un regalo: questo era quello che il miliardario americano voleva fare alla città che ospitò Leonardo.
Destinazione San Siro – I primi contatti avvengono con la giunta Formentini. Differenti ipotesi sono prese in considerazione. Tra i diversi punti di vista, alla fine la spunta il partito "delle periferie da rivalutare", sostenuto anche dall'allora assessore Carrubba. Dunque, l'ippodromo di San Siro, non proprio la peggiore periferia dell'hinterland milanese. Ma certo fuori dai flussi principali del turismo. E soprattutto, luogo equino davvero, ma non rappresentativo della città.
Pro e contro – Nel corso degli anni, la collocazione defilata del colosso torna a far discutere. Crescono gli insoddisfatti. Gli americani, la «Fondazione Leonardo da Vinci's Horse» del Connecticut che ambisce ad una centralità più rappresentativa; l'ex assessore Zecchi. Di contro Vittorio Sgarbi, oggi pare favorevole, fino a ieri contrario allo spostamento e un altro interprete e storico finissimo del mondo leonardesco, Pietro Marani, contrario al concetto di 'copia', così come un altro nome importante della storia dell'arte italiana, Carlo Bertelli che suggerisce il carattere non definitivo degli originali disegni e dunque, la fusione attuale, poco più di una semplice ipotesi del progetto primo di Leonardo.
La soluzione del rivellino – E Carlo Pedretti, infine. Che abbraccia l'ipotesi di uno spostamento definitivo là dove sembra che Leonardo avesse pensato di collocarlo. Su un baluardo a forma pentagonale pensato a protezione dell'ingresso principale dello Sforzesco verso la città. Tracce di questo rivellino si scorgono, conferma il Pedretti, riferendosi anche a una precedente pubblicazione nota solo agli specialisti, "discendendo il declivio del fosso (…) su entrambi i lati della Torre del Filarete".
Due rifacimenti di "facciata" – L'ipotesi è dunque questa, filogica e documentata: far riemergere oltre a queste già visibili tracce quanto più possibile dell'originale 'piedistallo'. Ricostruire sopra di esso "una nuova struttura, modernissima", rispettosa tuttavia delle preesistenze e collocarvi definitivamente l'enorme animale. La facciata del Castello vivrebbe così di copie, altrettanto degne: il monumento Leonardesco e la Torre del Filarete, distrutta nel 1521 e ricostruita solo nel 1900 da Luca Beltrami. Una mossa del cavallo, a quel punto, definitiva.