Nel mese di ottobre Fotoclub Varese ha organizzato la decima manifestazione fotografica internazionale “Oktoberfoto”, un progetto che, con la collaborazione di numerosi Enti del territorio, ha portato a Varese da Svezia, Lombardia, Piemonte e Lazio ventuno Associazioni Fotografiche, oltre ad autori italiani e stranieri.
Tanti i momenti di incontro in calendario, tra mostre fotografiche presentate in diverse location della città, conferimenti di premi e proiezioni di audiovisivi, come il secondo episodio delle avventure degli agenti Black e White, dal titolo “La congiura degli oscuri”. In sala Veratti, fino al 29 ottobre, sarà esposta la mostra di Giorgio Ghisolfi “Polapaintings”. Ghisolfi è un artista eclettico: regista attivo nel cinema di animazione, docente all’Università degli Studi dell’Insubria e presso scuole specializzate a Varese e a Lugano, ideatore e direttore di A-tube, the Global Animation Film Festival e, ancora, autore di saggi sulla figura di Indiana Jones e del volume “Star Wars. L’epoca Lucas. I segreti della più grande saga postmoderna”, edito nel 2017 da Mimesis. Nella mostra organizzata nell’ambito di Oktoberfoto Gisolfi rivela una sua passione antica: la fotografia.
Com’è avvenuto l’incontro tra Giorgio Ghisolfi fotografo e Fotoclub Varese?
Il Fotoclub Varese conosce il mio lavoro da molti anni e mi ha proposto di fare una mostra sui miei trent’anni di attività fotografica in Sala Veratti – la prestigiosa sala del Cinquecento con affreschi del Sei e Settecento. La mostra porta il titolo “Polarpaintings” perché si tratta di immagini particolari: ho iniziato a utilizzare una tecnica di manipolazione delle fotografie Polaroid nei primi anni ‘80 e, finché la Polaroid non ha chiuso tra il 2005 e il 2010, ho continuato a produrre immagini manipolate.
Cosa sono le “immagini manipolate”?
Si scattano delle fotografie con una normale fotocamera Polaroid, delle “fotografie immediate”, e prima che la foto sia completamente sviluppata, si interviene con un’azione meccanica sull’emulsione della fotografia. E’ una tecnica quasi pittorica, quindi la fotografia assume un’estetica vicina a quella di un quadro tradizionale. In mostra sono esposte circa trenta opere delle centinaia che possiedo, realizzate dagli anni ‘80 al 2000 e scattate in diversi luoghi dell’Europa e dell’America. Sono presentate su supporti fotografici tradizionali o come stampe digitali su tela. L’unico momento del processo creativo nel quale interviene la tecnologia digitale è quello della scansione della stampa. L’originale è molto piccolo, 8 × 9 cm, ed è stato scansionato e poi stampato e ingrandito in diverse misure anche su pannelli larghi 3 m per un metro e mezzo. Quali sono i tuoi soggetti preferiti?
Sono quelli legati alla quotidianità e al mio modo di vedere e interpretare la realtà. Il famoso fotografo Gotthard Schuh diceva che “si fotografa solo ciò che si vede e si vede solo ciò che si vuol vedere”, quindi la fotografia diventa un modo per entrare a contatto con il mondo e di interpretare la realtà. L’occasione di confronto culturale. I miei soggetti si differenziano tra paesaggi, ritratti e nature morte; ci sono anche delle affinità con la pittura del tardo Cinquecento e del Seicento, come delle foto di paesaggi e nature morte che richiamano immagini fiamminghe.
Perché hai deciso di dedicarti alla manipolazione delle immagini?
Sapevo che veniva usata in America e mi sono adoperato per impadronirmene facendo diversi esperimenti. Tutti i segreti di questa tecnica sono legati al fatto che la fotografia Polaroid è costituita da un’emulsione in pasta, una pasta che è manipolabile meccanicamente, utilizzando diversi strumenti e variando le temperature e l’umidità. Gli effetti possono essere diversi a seconda del momento della giornata o della stagione. Non bisogna poi dimenticare che la foto su cui si lavora è un esemplare unico: se si sbaglia la manipolazione bisogna buttare via tutto. Oggi purtroppo la Polaroid non esiste più. Da qualche anno una società ha rilevato gli impianti della Polaroid in Olanda e sta cercando di sviluppare un prodotto analogo. Si dovrà aspettare ancora un po’ di tempo per poter riprendere questa attività artistica. Però è bello vedere che tanti giovani sono affascinati dalla fotografia immediata, da un’immagine che non solo si può vedere istantaneamente, ma si può anche toccare.
Polarpaintings, Manipolazioni analogiche nell’epoca digitale, di Giorgio Ghisolfi
14/28 ottobre 2017, Sala Veratti, via Veratti 20, ingresso libero
Chiara Ambrosioni