Mark 77 – Domenica ha aperto una delle esposizioni più singolari e forti tra quelle proposte dai Liberi Artisti. La mostra, se così si può definire, di Mariuccia Secol. Più che una mostra, un'opera d'arte collettiva, o per lo meno così è stato il giorno dell'inaugurazione. Quando meravigliati ed attenti ci siamo trovati a diventar tutt'uno con il suo lavoro. Un'installazione fatta di carta di giornale e stoffe che riproduce la mappa della città di Fallujah. Per terra all'interno di una stanza dell'Accademia musicale di Crosio della Valle, non nel centro di Milano. Perchè forse ogni voce ha valore al di la del luogo in cui prende forza. Poi un pianoforte, dei bambini in attesa del loro momento e un paio di attrici pronte col loro pezzo letterario. Infine una vocalist, Rossana Maggia Maffina che con la sua voce registrata ha invocato nomi di donna che oggi non ci sono più, vittime del bombardamento. Mariuccia Secol si fa da sempre portavoce dei grandi o piccoli drammi che investono la modernità, lacerazioni che traduce con un linguaggio espressivo pregnante, coinvolgente e anche un pò duro.
Il trittico contemporaneo – L'opera stesa a terra porta il nome di Mark 77, lo stesso nome delle armi di distruzione di massa al fosforo bianco usate anche nella strage irachena. "L'installazione dei 77 quaderni ha tre livelli di rappresentazione. Ci sono i Corpi, con quaderni che hanno al loro interno parti di vestiti dell'artista; i quaderni Anima e quaderni Simbolo dell'eccidio" un trittico contemporaneo, come spiega il foglio di giornale che, lasciato all'ingresso dell'accademia a disposizione del pubblico, riporta oltre ad un brano della Secol anche interventi di letterati e giornalisti. Manuela Gandini, Jaime Diaz-Rozzotto, Padre Giuseppe Pirola, Fabrizio Rovesti, Eliana Galvani, Pablo Neruda, Rossana Maggia Maffina. Interventi intensi che riguardando al nostro passato si trovano a fare i conti con l'eterna parabola della storia che si ripete. E l'arte è di nuovo in prima linea. Come Goya nell'ottocento che dava voce alle sue guerre o la più vicina ed incrollabile Guernica di Picasso del 1937. Altra epoca, stesse volontà, linguaggi diversi.
La forza di una donna – Quella di domenica scorsa è stata un'inaugurazione diversa dal solito; una piccola grande donna, capace ancora di indignarsi, a dispetto dell'esperienza, sceglie di far dire alla sua arte ciò che spesso dimentichiamo. Domenica pomeriggio si è provato a far questo, a ricordare. Ricordare la strage del 2004 in Iraq, ma ricordare anche in qualche modo gli attimi di violenza che ci riguardano anche se non succedono a casa nostra. Mariuccia Secol ha avuto il coraggio di provare a smuovere dentro di noi delle emozioni forti e credo che abbia colpito nel segno. Uno dei meriti dell'arte è forse proprio la versatilità. Creare opere può comprendere una così infinita possibilità di variabili che difficilmente si etichetta il buono o il cattivo. O per lo meno persistono più opinioni differenti. L'artista può provocare il riso, la rabbia, la gioia o il pianto. E come nel passato più volte chi creava si è messo in prima linea nella difesa delle minoranze o dei popoli oppressi, oggi Mariuccia Secol prova a fare quello che prima di tutto dovrebbe fare l'arte: provocare emozioni.