“Ho iniziato affrontando la scultura per una mia necessità interiore, rappresentando la figura non accademica ma umana con alcuni tratti in comune con l’animale“. A raccontarsi è Paola Ravasio, artista varesina che in questi giorni è ospite, con la personale “La voce del corpo“, nelle sale di Palazzo Cicogna.
Ravasio inizia il proprio percorso artistico nello studio dello scultore Pietro Scampini che frequenta per nove anni, del quale si può ammirare, in piazza Vittorio Emanuele, una sua scultura in ferro intitolata “Ombre” alta 3 metri.
Opere di forte impatto quelle della scultrice, realizzate con differenti materiali: gesso, vetroresina e bronzo attraverso le quali interpreta la figura umana colta nella sua esistenza, nel disagio dell’affrontare un mondo che, dice “non conosce, perchè già predisposto alla nostra nascita”. La fatica del vivere e del realizzarsi esplode nelle creazioni successive, quando si addentra nell’anatomia del corpo che approfondisce ed elabora interpretandola in un dialogo tra la parte irrazionale e quella razionale.
Le sculture sono per lo più figure maschili, corpi virili, possenti, animati da energia vitale che Ravasio trasmette e scolpisce nella materia e che si traduce, – come sottolinea Daniela Croci Silvuni critico d’arte …”in un messaggio di vera speranza: l’uomo possiede dentro di sé tutte le risorse di cui necessita per superare le difficoltà ed è su queste risorse che deve imparare a far leva per trovare la forza, per combattere la sua personale battaglia”.
L’opera scultorea dell’artista varesina celebra l’incontro dove le due forme si uniscono, si compenetrano creando rotture e unioni nelle quali la forza della materia organica prevale su quella geometrica, algida e misurata. Dice l’artista: “Noi siamo in parte questo ma, ciò che ci caratterizza è il nostro aspetto irrazionale, non prevedibile, la nostra follia” che diventa e dà l’espressione all’opera”.
Così nascono le sculture di Paola Ravasio. Forme che si intrecciano, snaturandosi in una massa muscolosa e a tratti “spigolosa” che assume una nuova identità antropomorfa. I corpi iniziano a parlare aprendo dialoghi con chi li osserva. Un dialogo nel quale sono i sensi a dar voci silenziose alle emozioni.
La stessa forza e la tensione si ritrova nella potenza del segno negli schizzi e nei disegni in bianco e nero, che sulle pareti affiancano le opere scultoree.
La mostra rimarrà aperta fino al 12 marzo nei seguenti orari: martedì, mercoledì e giovedì 14.30-18; venerdì 9.30-13 / 14.30-19.30.