Maria canta e incanta – Canta come una bambina e come una donna.
La sua voce suona, si trasforma in chitarra, in respiri e strilli, in un’ancestrale danza tra corde vocali e ugola.
Sul palco, a tratti, c’è solo lei. La sua presenza è totale, quasi invasiva. Ha un fiore bianco tra i capelli, un vestito rosso fuoco e due braccia che si muovono come mosse da un’energia a tratti folle a tratti romanticamente dolce.
E’ un colpo al cuore l’effetto che danno una chitarra, Mario Delgado, un contrabbasso, Demian Cabaud, una batteria, Alexandre Frazào, e il quarto strumento, la voce di Maria João.
Il palco si riempie, l’intero Teatro Sociale si riempie, si anima delle note d’oltreoceano: la prima parte del concerto è dedicata all’ultimo lavoro del quartetto, un viaggio attraverso la musica popolare del Brasile, tra vecchi successi e grandi nomi della musica latinoamericana come Chico Buarque.
La fusione tra Maria e i musicisti è totale, anche nelle parti dello spettacolo solo strumentali, lei c’è.
Si sposta dietro i suonatori, per dar loro il giusto spazio, ma c’è. La si intravede ballare, muoversi, sorridere al pubblico e ai “suoi” ragazzi sul palco. E’ come se non smettesse mai di cantare, anche quando è in silenzio, perché la sua presenza scenica prepotente e solare, costringe inevitabilmente lo spettatore a cercarla, a guardarla, a perdersi nella sua dirompente sensualità.
Musica di voce – Un’estensione non comune, un’energia e un’agilità da lasciare senza parole. La voce di Maria João improvvisa insieme agli altri strumenti, e per chi non mastica jazz, come me, è una sorpresa. Un’inaspettata bella sorpresa.
Niente ambientazioni cupe e dimesse (come si può aspettare qualcuno, come me, che di questo genere musicale non ha nella mente che qualche immagine stereotipata).
Il concerto è energico dal primo istante, delicato e volutamente placido per alcuni pezzi più lenti, ma non perde mai l’energia del primo brano, quello che ti fa mettere seduto dritto sulla poltrona e pensare “allora questo è il jazz?”.
L’assolo finale, solo la sua voce in incredibili evoluzioni tra il basso e l’altissimo, scatena l’applauso del pubblico. Che non si ferma, e costringe il quartetto a tornare sul palco per un bis.
Bilancio positivo – Si chiude in questo modo il Festival “Jazz in Maggiore”. Una sfida decisamente vinta: serate con grandi nomi del mondo del jazz, un pubblico partecipe e numeroso, una chiusura da favola.
La prima edizione della rassegna può contare un grande successo sin dall’esordio. Ora la sfida si fa, se possibile, più consistente: bissare il prossimo anno.
La musica popolare del Brasile rivista da un’interprete eccezionale e dai suoi, altrettanto talentuosi, musicisti. Chiude come meglio non avrebbe potuto la rassegna di musica jazz organizzata dall’Associazione Rinascenze, Sconfinarte, Comunità Montana e Centro Culturale Frontiera.