Mitici, eccezionali, formidabili. Gli aggettivi evocativi che si usano per definire gli anni Sessanta si sprecano. Ma fu davvero un periodo così straordinario? In realtà, sì. Soprattutto per chi ha avuto la fortuna di viverlo. Per i giovani di allora che oggi ne parlano con una punta di nostalgia o di “reducismo”. Anche se molti di loro sono ormai rientrati nei ranghi, riassorbiti dal potere che allora si illudevano, più o meno ipocritamente, di combattere, contrapponendovi la fantasia.
Al di là di certe idee, rivelatesi purtroppo pura utopia, di quel periodo – soprattutto degli anni dal 1966 al 1970 – restano i grandi cambiamenti che coinvolsero la musica, la moda, il design, portati avanti dai giovani che, sotto la spinta di un idealismo ottimista, dovuto anche al cambiamento sociale ed economico del Paese, cercarono di rimettere tutto in discussione, cominciando da una certa mentalità borghese, poco incline alle novità e decisamente chiusa e repressiva.
Fu un periodo di grande fermento che finì per incidere in modo molto significativo anche sul costume, portando una ventata di libertà, di creatività, di emancipazione che coinvolse la musica, capace di liberarsi da certi schemi, cercando strade nuove, in particolar modo grazie alla generazione Beat e ai suoi demiurghi (Beatles e Rolling Stones); la moda, con la provocazione della “minigonna”, per opporsi al perbenismo borghese, i capelli lunghi dei ragazzi, per rifiutare la guerra (sono gli anni del Vietnam); i rapporti sessuali più liberi. Tutto questo produsse un cambiamento di prospettiva, una “rivoluzione nella testa”, ma anche un cambiamento permanente che costituisce la base del nostro vivere quotidiano di oggi.
Questo è anche il pensiero, senz’altro condivisibile, dei due curatori del libro, Victoria Broackes e Goeffrey Marsh, che hanno lavorato anche alla realizzazione della prima mostra sul tema che si è tenuta a Londra. Il volume è suddiviso in nove sezioni e corredato da diversi saggi che creano un ponte tra le due metropoli dove questi fenomeni furono più evidenti: Londra, appunto, e San Francisco.
Ma il libro è soprattutto ricco di immagini, fotografie, manifesti, fumetti, copertine di dischi, riproduzioni di vestiti, oggetti, un mix di grande effetto che consente di compiere un viaggio nel tempo e di cogliere lo spirito di quell’epoca piena di entusiasmo, di passione, di speranze.
La Mostra di Milano rispecchia fedelmente il libro e la mostra originaria londinese con qualche aggiunta che riguarda il nostro Paese, come la moda, con Missoni e Fiorucci, il costume, con le foto dei locali dei giovani, tra cui il Piper, e manifesti e titoli dei giornali italiani dell’epoca. Da segnalare il grande tributo riservato dai curatori stranieri al grande regista Michelangelo Antonioni, al quale è dedicato uno stand per il suo film “Blow up”.
D’altra parte, come noto, il film venne girato tutto a Londra (swinging London) e il regista, attraverso il protagonista che è un fotografo, fu uno dei primi a cercare di cogliere e descrivere le mode giovanili, la musica, le contestazioni di quell’epoca quasi sul nascere anche se indirettamente con il suo lavoro segnala la difficoltà e l’incapacità di comprendere appieno una realtà in continua trasformazione.
Un libro interessante, ricchissimo di spunti, idee, sollecitazioni, da acquistare, leggere e sfogliare prima di andare alla Mostra che resterà aperta fino al 4 aprile alla Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4, ma anche dopo averla vista, per riflettere su un periodo storico al quale, in un modo o nell’altro, nel bene e nel male, possiamo dirci debitori.
Revolution, Musica e ribelli 1966-1970, Dai Beatles a Woodstock, Skira/V&A Publishing, 24 x 31 cm, 320 pag., 514 colori, cartonato, 49 euro.
Ugo Perugini