Una donna dalla creatività infinita, capace di trasformare in bello e “unico”, tutto ciò che toccava. Non è stata solo una pittrice Frida Kahlo (1907-1954) ma un’artista dall’ispirazione sconfinata, che assecondava attraverso ogni espressione, sperimentando con differenti linguaggi e materiali la propria ricerca artistica. Anche su sè stessa ha lavorato con incredibile abilità, creando una sua identità: quell’immagine che l’ha resa inconfondibile agli occhi di tutti.
All’artista messicana, diventata un’unicona, è stata dedicata la mostra allestita al Victoria and Albert Museum di Londra, intitolata Frida Kahlo: Making Her Self Up” alla quale ha fatto seguito il volume”Frida Khalo: l’arte di mettersi in scena” (a cura di Claire Wilcox e Circe Henestrosa -edito da Rizzoli) sul quale ci soffermeremo.
Nel testo vengono focalizzate e portate alla luce nuove sfumature di Frida nell’aspetto più intimo, frugando nei suoi armadi, tra abiti e oggetti personali, gioielli, profumi e trucchi.
Nel 2004 nella Casa Azul (Casa Blu), ora Museo ma in precedenza dimora dell’artista, che fu consorte di un altro grande personaggio nel panorama culturale, Diego Rivera (il suo Panson come lei l’aveva soprannominato), sono stati scoperti significativi riferimenti e oggetti personali appartenuti a Frida: fotografie, lettere, disegni, medicine e busti ortopedici, camicette, gonne e scialli. Uno dei capitoli del libro è infatti dedicato alla passione per la cosmesi, profumi, smalti per unghie, matite e rossetti. Frida donna splendida nei suoi costumi messicani Tehuana, arricchiti da quei gioielli carichi di sfumature che sapeva abilmente accostare alle pettinature, sempre rigorosamente ornate da fiori e nastri .
Passionale, indipendente, determinata e dotata di un singolare talento artistico non ha avuto una vita facile. La sua disabilità, aggravata dal fatidico incidente in autobus,(1925) è infatti stata motivo di scherno e denigrazione, sofferenza fisica e psicologica che lei ha combattuto attraverso la propria arte, rappresentando e raccontando “quell’imperfezione” nei suoi dipinti. Ed è in questo momento che Frida Kahlo inizia a dipingere, facendo della sua immobilità un’opportunità. La sua arte esce dai dipinti e continua, prendendo corpo negli abiti, nei monili; rientra nei quadri e torna fuori nuovamente impossessandosi anche dei busti ortopedici ai quali era costretta. Una prigione, una tortura che doveva considerare come una seconda pelle, sfruttandola come fosse una tela bianca sulla quale riversare sfoghi, riflessioni e pensieri e la sua voglia di libertà.
Forte e sicura di sè quanto al contrario fragile e triste ma sempre pronta a lottare, cadere e tornare trionfante guerriera nei suoi colorati vestiti, nelle pose severe e statuarie dietro alle quali tutto scompariva: sentimenti, tristezze, angosce si fondono tra i colori vivaci e audaci di fiori e nastri svolazzanti.
“Frida Khalo: l’arte di mettersi in scena” offre un nuovo sgurado sulla vita, sulle passioni di un’artista singolare, ribelle e a volte contradditoria che tutti ora vogliono imitare.
E. Farioli