
Mendrisio – “Morandi è nato con la grazia della moderazione “tonale”, e la sua distanza dal colore timbrico (in cui si fa consistere la modernità, confondendola col modernismo) lo ha sempre indotto a ricondurre ogni tensione ideale entro l’oscurità introversa, segreta, della sua vita “piccolo borghese”…“Attuale”, “non attuale”, egli resta vero nel suo rapporto con la vita; e perciò in questo dopoguerra che all’idea della vita, e non delle ambizioni sbagliate, si aggrappa con le sue molteplici forze, è più attuale di quella passata civiltà…”. Con queste parole di giusta misura ed emozione Francesco Arcangeli nel 1950 aveva scritto dell’opera di Giorgio Morandi e bene ha fatto Simone Soldini a sceglierle per evidenziare con quanta sottigliezza e raffinatezza questo storico dell’arte bolognese ha saputo leggere le opere degli artisti a lui contemporanei e da lui prediletti.

E come lui seppero farlo altri intellettuali – scrittori, poeti, critici – che appunto Soldini, variando sul tema amato dell’arte di scrivere sull’arte, ha raggruppato per raccontare la stagione d’arte ormai conclusa degli ultimi naturalisti e dell’informale di impronta arcangeliana: Ruggeri e Morlotti, Francese e Moreni, Sutherland e Giacometti, ma si fa davvero un torto a non citare tutti gli altri. Con un po’ di nostalgia girando per le sale del Museo d’Arte di Mendrisio sembra di essere ancora alla Bambaia di Busto Arsizio, una galleria che seppe portare in provincia molti di questi artisti, dove non era difficile incontrare nelle serate d’inaugurazione accanto ad essi Isella, Chiara, Testori, Sereni, Franco Loi e Stefano Crespi e ascoltare, ma senza farsi accorgere, le loro conversazioni talvolta anche accese.
La mostra di Mendrisio, di sottile raffinatezza, ha per titolo Una storia di arte e di poesia. Arcangeli, Bertolucci, Biamonti, Isella, Orelli, Sereni, Tassi, Testori e i loro artisti e racconta come meglio non si potrebbe proprio questa intensa stagione non solo attraverso le opere, ma accostando ad esse una frase, una poesia, una poesia in forma di prosa che ha saputo cogliere in straordinaria sintonia il loro profondo significato.

“Arte di scrivere sull’arte” dunque, proprio come il titolo dato da Giovanni Previtali ad un volume di contributi sulla figura di Roberto Longhi che di quest’arte fu maestro. A questa straordinaria persona si rapportano – chi più, chi meno – gli “scrittori” radunati a Mendrisio proprio come da lui ricevettero pane e companatico i giovani presenti alle sue lezioni su Piero o su Caravaggio, ascoltatori attenti e coinvolti certo dal suo sterminato sapere, ma, di più, dal suo modo non cattedratico di insegnare la storia dell’arte, in stretta identità di storico e letterato. E questi giovani sarebbero diventati figure di primo piano nella cultura italiana: si pensi a Giorgio Bassani e a Pasolini e anche a Paolo Poli.
Da questa somma matrice longhiana prende forza la rassegna di Mendrisio, doviziosa di belle opere e, soprattutto. coinvolgente; se si va a visitarla – è aperta fino al prossimo 6 luglio – lo si deve fare con calma e nel silenzio, entrando e uscendo dalle linde stanze dell’ex convento dei Serviti, sostando davanti alle opere esposte e leggendo e rileggendo le “speciali” parole cercate, e trovate, da Arcangeli, Bertolucci, Biamonti, Isella, Orelli, Sereni, Tassi e Testori per interpretarle. E magari nel nostro piccolo cercarle e trovarle anche noi.
Giuseppe Pacciarotti