Tre sono i motivi che autorizzano i visitatori a muoversi liberamente nel visitare la retrospettiva “L’Arte è libertà” dedicata a Enrico Baj presso la Fondazione Marconi in collaborazione con l’Archivio Baj di Vergiate.
Tale indipendenza è concessa dall’allestimento non cronologico delle opere, dall’indole anarchica dell’artista e dall’invito alla libertà presente nel titolo.
Liberi quindi.
Vi sono opere d’arte che hanno, a fronte di autorevoli saggi, identica pregnanza storica e politica.
Così è “I funerali dell’anarchico Pinelli” (1972) tela di 12 x 6 capace di concentrare in sé, oltre al tenore creativo, una pagina di storia dove tensioni politiche e sociali portarono a quella che venne definita “Strage di stato”, che vide nella bomba alla Banca dell’Agricoltura in Piazza Fontana l’implicazione di frange d’estrema destra, affiancate da parti deviate dei servizi segreti.
L’opera, strutturata come un piano teatrale pone gli uni di fronte agli altri operai e forze dell’ordine, un attimo prima che scocchi la scintilla che porterà agli scontri di piazza e agli anni di piombo.
Ma quell’’opera, ai cui piedi giacciono brandelli di stoffa come dopo uno scontro di piazza, racchiude anche l’impegno militante e creativo di chi l’ha concepita; a quel lavoro non poteva che seguire il ciclo dell’ Apocalisse.
Baj (Milano 1924 – Vergiate 2003) fu sempre uomo e artista contro l’anacronismo e l’opportunistica arbitrarietà di ogni potere costituito mettendo in atto, con dissacrante ironia, opere come Dame e Generali: personaggi infiocchettati e stracolmi di medaglie, accompagnati da nobildonne tronfie nel portamento e cariche di orpelli d’ogni tipo. Sceneggiata resa ancora più evidente dalla serie Cornici e Parate militari.
Mai sazio intellettualmente, Baj fonda nel 1951 con Sergio Dangelo, il Movimento Nucleare.
Alcuni anni dopo conosce Asger Jorn con il quale fonda Il Movimento Internazionale per Bauhaus Immaginista.
Dopo importanti mostre in Francia e a New York, André Breton lo invita a esporre con i surrealisti dedicandogli, nel 1963, un saggio pubblicato sulla prestigiosa rivista L’Oeil, sino ad arrivare nel ’67 alla collaborazione con lo Studio Marconi.
Divertita e surreale la parentesi dedicata alla Patafisica.
Lo spazio al secondo piano della Fondazione è riservato al periodo Nucleare, quale preoccupato monito nei confronti di tale deriva, descritto con opere come “Piccolo bambino con i suoi giochi” del 1952 e “Due personaggi notturni”, a dimostrazione di quanto Enrico Baj fosse profondamente calato nella realtà del suo tempo.
Chi con l’anagrafe è sino a oggi riuscito a stipulare un contratto lungo alcuni decenni e abita sulle rive del Ticino ha un netto di ricordo di Enrico Baj, seduto al Bar Commercio di Sesto Calende, in amichevole compagnia di alcuni artisti locali.
Enrico Baj – “L’Arte è libertà”, Milano, Fondazione Marconi, Via Tadino 15. Fino al 27 gennaio 2018.
Orario: martedì – sabato 10-13/15-19 (chiuso dal 23 dicembre all’8 gennaio). Ingresso libero
Mauro Bianchini