“Cassano Magnago estendesi parte in vago colle e parte in piano, alla cui sinistra scorre l’Arno”: questo è scritto nella “Grande Illustrazione” quando si fa cenno ai Comuni del distretto di Gallarate. Sul “vago colle” vigilava, e vigila tuttora, un castello, non più il forte eretto nella seconda metà del 1200 dall’arcivescovo Ottone Visconti, bensì quello sorto sulle sue rovine in forme neomedioevali per volere di Claudio Gerolamo dal Pozzo marchese di Annone.
Con le sue finestre archiacute, l’apparato a sporgere e i merli alla ghibellina è una suggestiva evocazione del precedente edificio da difesa ma soprattutto un’elegante residenza contornata da un parco ombroso e silenzioso.
Un castello (anzi due se si considera anche quello molto pittoresco detto dei “Centotetti”) a Cassano, ma pure non poche “case da nobile” dove venire, magari anche solo dalla vicina Gallarate, a controllare proprietà che per la fausta esposizione del sito offrivano lauti guadagni e a godersi il fresco delle lievi alture. Le possedevano, queste dimore, famiglie abbienti e distinte e in esse v’era sempre un portale, un cancello o un balcone di ferro battuto di egregia fattura, un camino o un affresco che le faceva riconoscere dalle case rustiche dell’abitato.
Alcune poi si imponevano per dimensione, per ricercatezza formale e per la vastità del loro parco come la villa appartenuta alla famiglia Oliva originaria del Canton Ticino. Conosciuto il paese di Cassano Magnago per via di parentele, ai fratelli Ambrogio e Domenico Oliva parve conveniente acquistare nel 1828 i fondi appartenuti ai Bossi e poi agli Agazzini di Orta; tra questi beni vi era anche una casa già di un certo tono abbellita da due meridiane sulle facciate e da un affresco col “Ratto d’Europa” sulla parete di fondo dello scalone. Agli Oliva tuttavia questo non bastò e, anche per dimostrare la loro ampia dovizia, le vollero conferire una veste nuova, impostata su temi architettonici e decorativi propri di una stagione neoclassica ormai dal vigore smorzato. La villa rimase della famiglia Oliva fino alla scomparsa dell’ultimo erede; in seguito entrò a far parte del patrimonio comunale e allora fu sottoposta ad un accurato restauro che in alcune sale ha fatto riemergere interessanti pitture. Anche il parco ha trovato attente attenzioni e ora lo si può godere e apprezzare in tutta la sua varietà e vastità.
Altra villa di prestigio sulle alture delle Candie appartenne all’antica casata gallaratese dei Guenzati e rimasta a loro fino ai primi decenni dell’Ottocento quando la comprarono i Buttafava, non ancora nobili, ma già figure di spicco a Milano. Furono loro a mettere mano al vetusto edificio trasformandolo in una residenza di pregevole dignità guarnita da una fronte a tempio e da elementi decorativi prove anch’essi della diffusione ampia del linguaggio espressivo neoclassico in Lombardia .
La facciata posteriore sfruttando l’andamento della collina evidenzia tre piani invece di due e fa da scenario al giardino in fondo al quale un sacerdote della famiglia aveva voluto costruire un osservatorio dalla cupola in rame un tempo scoperchiabile. Dopo i Buttafava altri furono i proprietari finché, dopo restauri e adattamenti, è stata trasformata in un raffinato spazio per eventi.
Delle antiche dimore di Cassano alcune sono in stato di conservazione buono, altre hanno subito modifiche e altre ancora, purtroppo, sono in decadenza.
È un po’ il caso della villa di cui furono proprietari i Viscontini, allora tra i cassanesi più abbienti, che suppergiù negli anni del cantiere della Buttafava, diedero sistemazione confacente all’antica casa di famiglia rendendo importante il corpo centrale a tre piani dominante sulle ali più basse della corte d’accesso mentre la facciata posteriore affacciava su un “grandioso giardino botanico”. Nella villa trascorsero tante giornate persone ai loro giorni famose come Metilde Viscontini sposa dell’autorevole generale napoleonico Jean Dembowsky, affiliata poi alla Carboneria e più che amica di Foscolo e Stendhal. Gran giro di nobiltà sabauda invece quando era di proprietà dei marchesi Maffei di Boglio e poi, per eredità, dei conti Bruschi Falgari. Ora è sede di una comunità terapeutica e intorno non ha più la vastità del parco, ma impoetiche costruzioni dei tempi moderni.
Giuseppe Pacciarotti