Nel nome di Leonardo – Dunque sarà nel nome di Leonardo, probabilmente, che si aprirà la Gam del terzo millennio. Leonardo come padre nobile, ritrattista di atmosfere, orizzonti, linguaggi del corpo, moti dell'anima, da quali discendono per rami diretti ed indiretti artisti che hanno operato attraverso i secoli seguenti e che operano tuttora, immersi in quel clima espressivo, legati all'indagine sull'umano.
Leonardeschi nell'anima – Tutti connessi da un dna geografico-culturale prima ancora che artistico. L'essere cresciuti nel bacino insubre, un bacino che può irraggiarsi dalla Milano leonardesca di fine quattrocento per contemplare la bergamasca di Giovanni Carnovali, il Piccio di Montegrino, le origini 'asburgiche' e la quotidianità in Brianza ma anche in Engadina di Giovanni Segantini, il provincialismo svizzero, di nascita, di Alberto Giacometti, il Ticino di Vincenzo Vela, la roccaforte viggiutese della pietra cui ha attinto Enrico Butti, fino all'erede contemporaneo di questi ultimi, l'altro ticinese Ivo Soldini.
Le intuizioni del critico – Sono queste le figure intorno a cui, stando alle prime indiscrezioni, sta ruotando il progetto iniziale messo a punto da Philippe Daverio, in qualità di valore aggiunto al motore della Gam in via di completamento. Una linea critica che lo storico con il papillon da tempo va percorrendo, come risulta, ad esempio, dal suo recente impegno nel Premio Michetti 2006. "L'Italia – scriveva allora nel catalogo il critico – si suddivide, ed è ovviamente una divisione più ludica o concettuale che effettiva, in insubri, felsini, adriatici, etruschi e tirreni. Ciò che è apparso straordinariamente intrigante è che ognuno di questi gruppi esprime uno stile linguistico con un senso di autonomia fortemente distinguibile". Proprio a Francavilla a Mare, sede storica del Premio Michetti, l'antropologismo culturale di Daverio ha avuto la sua manifestazioni 'in grande'.
Codice genetico dell'arte – Ecco le prime carte svelate dal consulente, per il momento solo dell'amministrazione comunale gallaratese, nel prossimo futuro destinato ad occupare tuttavia un ruolo più definito nella stessa compagine operativa della Gam. La mostra d'apertura dovrebbe chiamarsi Terra insubre e fare riferimento a quella sorta di tribalità di antico retaggio, sopravvissuta come sopravvivono altre abitudini. Una ricerca da antropologo quella di Daverio, in vista di una sorta di codice genetico dell'espressività: gli insubri, secondo la sua linea, sono dunque riconducibili a modalità espressioniste. Di contro, i Felsini sono 'morbidi', gli Etruschi 'materici', gli Adriatici 'bizantini', i Mediterranei 'barocchi'.
Il bacino di utenza – La suddivisione per etnie, ça va sans dire, calza a pennello con gli intenti dell'amministrazione. Con le linee guida di rappresentare la nuova sfida museale di fronte ad un palcoscenico che grosso modo coincide con un bacino di utenza, a suo modo, insubrico: da Brescia, indicativamente, al Canton Ticino, al Varesotto, al bacino dei laghi; a tutta quell'area metropolitana milanese, infine, della cui decadenza, dal punto di vista del traino culturale, Daverio è stato a più riprese 'teorico'.
La vitalità del barocco – Quanto al Barocco, è un'altro di leit motiv dell'ideatore della fortunata trasmissione Passepartout. Sempre nelle vesti di eccentrico ricercatore di identità, a più riprese Daverio ha sostenuto che il Barocco sia il vero linguaggio unificante della cultura italiana, se ce ne è stato uno. In special modo il barocco visivo. Ed è sul tema del Barocco che pare insista l'altra idea del critico a fianco di Terra Insubre. Una mostra che racconti invece l'etnia mediterranea dalle origini greche, attraverso le contaminazioni con altri popoli del mare, fino al Barocco di Noto, per arrivare a Guttuso. Una mostra, inutile rimarcarlo, complessa, da tenersi in una capitale del sud Italia per poi essere trasferita a Gallarate.
Coinvolgimento totale – La sfida, se questo sarà il primo banco di prova, sarà dare effettiva concretezza alla linea critica, all'intuizione, non sul piano orizzontale della contemporaneità come è successo a Francavilla, ma sul piano diacronico delle epoche, delle evoluzioni e dei sussulti del linguaggio artistico. Sul piano anche del coinvolgimento emotivo dello spettatore, dell'ambientazione totale.
Il tempo c'è. Lo slittamento di molti mesi rispetto alla prevista apertura, consentirà di fatto all'amministrazione di Gallarate di riservare al debutto espositivo risorse maggiori rispetto al previsto.