Milano – “La peculiarità dei miei lavori, dettati dal bagliore dei fluorescenti” consiste anche nel voler attrarre lo sguardo dell’osservatore e renderlo partecipe, attraverso il suo movimento, alla ricerca della mutevole cromo-geometria composta”.

Con queste parole, l’artista legnanese Dario Zaffaroni, racconta la propria ricerca, visibile attraverso una selezione di opere  esposte, sino al 1° aprile alla Fondazione Luciana Matalon.  La mostra, dal titolo “Fluo-Geometrie” comprende oltre trenta opere degli anni Duemila, in un percorso che indica  come Zaffaroni sia un artista estremamente eclettico e raffinato, sempre attento all’evoluzione dell’arte contemporanea che lo ha spinto verso metodologie e tecniche esecutive sempre più innovative.

Artista di spicco del panorama italiano contemporaneo che vive e lavora a Legnano, classe 1943,  Zaffaroni ha sempre caratterizzato il suo percorso di ricerca all’insegna della sperimentazione di nuovi linguaggi e mezzi di comunicazione creativa, focalizzandosi più sull’interazione cromatica del fluorescente tra razionalità e sensibilità attraverso l’accostamento e l’intersecazione di nastri cromatici a gradiente fluorescente che danno fenomeni percettivi e cinetici sempre differenti.

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Questi suoi interessi sempre più marcati sulla percezione cromatica e cinetica, ove la geometria delle linee e la variazione della superficie crea suggestioni ricettive-ondulatorie negli occhi di chi osserva, nascono negli anni Sessanta dal profondo sodalizio spirituale e artistico con Dadamaino, con la quale firma installazioni artistiche come il progetto Environnement lumino-cinétique sur la place du Chatelet a Parigi su invito del Centre National d’Art Contemporain, e dalla frequentazione di importanti artisti dell’avanguardia milanese quali Colombo, Calderara, Minoli, Scaccabarozzi, Tornquist e Varisco.

Che si tratti delle prime opere, definite “Cromodinamiche fluorescenti” o “Modularità fluorescenti”, realizzate esclusivamente con carte fluorescenti limitatamente precolorate in 9 tonalità, ritagliate e composte con rigore matematico in forme geometriche, anche tridimensionali, di “Policromie olografiche”, “Polimodularità fluorescenti” oGeometrie polidinamiche”, dove si ha l’interazione delle carte fluorescenti con altre diversificate, tutte queste opere nascono dal connubio tra sensibilità cromatica, intuito e razionalità, che permettono all’artista di arrivare a combinazioni e accostamenti di colore audaci, artisticamente evoluti e impattanti, orientando la percezione visiva di chi osserva.

In mostra alla Fondazione Luciana Matalon anche alcune opere dei primi cicli “lumino-cinetico” che Zaffaroni mise a punto nel 1969 insieme con Dadamaino, ossia i “Rulli”: giochi visivi in movimento tra colore e forma che li rendono tra i lavori ancora oggi più interessanti, dalle dinamiche percettive particolarmente suggestive.

L’astrattismo geometrico di Dario Zaffaroni in forme ricercate è leitmotiv della propria interpretazione estetica, una forma d’arte in costante evoluzione che rende riconoscibilissime e inequivocabili le sue opere, contraddistinte da uno stile assolutamente unico, dove la cura rigorosa dei dettagli non è assolutamente casuale e amplifica la forza che le irradiazioni luminose hanno sulla psiche e le emozioni delle persone.

Accompagna la mostra un catalogo edito da Colonna Arte Contemporanea contenente i testi critici di Dadamaino, Tommaso Trini e Alessandro Paolo Mantovani. Orari al pubblico: Da martedì a sabato: 10-13; 14-19. Ingresso libero.