José Saramago probabilmente nella città dove ambienta “Le intermittenze della morte” ci si è fermato. Forse passeggiando per le vie e le piazze frequentando i bistrot e osservando i passi rapidi per l’ansia o altro della gente lo colse l’ispirazione.
“Ciascuno di voi ha una propria Morte, la porta con sé in un luogo segreto sin da quando nasce, lei appartiene a te, tu appartieni a lei.” Avrà forgiato sorseggiando caffè una tra le frasi più potenti del libro? Chissà.
Ci troviamo nella città senza nome e la mezzanotte del trentuno dicembre sta arrivando… e fu allora che accadde.
L’arrivo dell’eternità.
L’agonia di chi assisteva all’epilogo delle sofferenze dovute a malattie terminali del proprio famigliare continuerà a farlo poiché la Morte si è scordata di loro. Pensieri contrastanti alla presa di coscienza del fenomeno.
Chi attendeva la Morte per riceverne i benefici dell’eredità resterà in attesa e perderà le speranze. La Morte in città è svanita e dai paesi vicini lo stupore tracima in invidia e quindi perché non approfittarne.
Non funziona così.
Solo gli abitanti del paese.Offesi dalla sofferenza di chi si ama e cercarne rimedio farà prolificare nuovi commerci.Contrabbandare i malati terminali fuori dal confine per mettere pace a qualcosa di assurdo, ma la Morte ha deciso di non operare sui cittadini del paese senza nome.
Si è concessa vacanze meritate.
Le proteste della Falce, la quale possiede vita e pensieri propri, non serviranno allo scopo. Niente lavoro, la Morte desiderava da tempo studiare musica e finalmente può farlo. Esiste un tempo per vivere e uno per morire, ora si prolunga quello della vita, che male fa?Per rispondere alle esigenze della Falce decide di spedire delle lettere scegliendo nomi a caso. Si morirà nel giorno e nell’ora esatta riportata in calce una volta a settimana.
La Morte pensa di donare tempo e il modo di sistemare le proprie faccende ai destinatari delle missive.Ma non funziona, morire così diventa la punizione per chissà quale colpa commessa. La stessa Falce comincia a perdere la pazienza.
Gli umani pensano di essere unici e non sanno di partecipare in modo attivo all’equilibrio di faccende più grandi, quindi ecco a voi l’eternità, approfittatene. Accade il caos, i gestori delle pompe funebri si riuniscono per trovare la soluzione, gli affari vanno a rotoli e assemblandosi in corporazione studiano il piano per rimettere in ordine le finanze. Alimentano la speranza di farsi affidare i malati terminali, prima o poi troveranno la maniera di farli smettere di soffrire, ma come?
Il sindaco e il sacerdote discordano sull’eccezionalità dell’evento e si arrendono dinanzi all’evidenza di non sapere ne cosa rispondere ne cosa fare per dare risposte al quesito del perché sta accadendo questo alla loro città.
È una punizione o si tratta di un dono?
Troppe domande senza risposte.
Il romanzo tiene e conserva nelle pagine momenti particolari carichi del cinismo appartenente in modo esclusivo al genere umano. La Falce, la Morte posseggono vite proprie e l’indipendenza l’un dall’altra fa emergere frasi particolari nelle duecentodiciotto pagine forse utili alla memoria del lettore.
Leggetelo e lo saprete. Eccone alcune:
“La vita è un’orchestra che suona sempre, intonata, stonata”.
“Le religioni, tutte le religioni, per quanto le si rigiri, non hanno altra giustificazione di esistere all’infuori della Morte”.
“Le parole sono etichette che si appiccicano alle cose, non sono le cose”.
Josè Saramago – “Le intermittenze della morte”- Universale Economica Feltrinelli, pp 218, Euro 12,50
Enzo Calandra