Una raccolta, un libro – Riscoprire il valore della libertà attraverso la sua negazione: la prigionia delle carceri. Questa l'idea ispiratrice del lavoro di Pietro Caccia, fotografo per passione, che per circa una anno ha lavorato su questo progetto. Ora questa raccolta di fotografie ha un nome, "Le ali della libertà", e un libro che le contiene, edito nel maggio 2008 con il patrocinio della Città di Busto Arsizio.
L'autore – Pietro nasce nel 1964 a Busto Arsizio e coltiva la passione della fotografia dalla fine degli anni novanta. Ha già partecipato ad alcuni concorsi fotografici nazionali, tra cui uno tenutosi quest'anno in Sicilia dove ha presentato queste immagini, e di seguito anche a Recanati, ottenendo riconoscimenti che lo hanno incoraggiato a proseguire su questa strada.
Riflessioni dal carcere – Questo lavoro si distacca dai precedenti reportage di viaggi effettuati in paesi come Egitto, Yemen, Marocco, Islanda, Bali. A indicare la via in questo caso è stata una suggestione letteraria, ovvero l'opera 'Le mie prigioni' di Silvio Pellico. Poi una visita casuale nelle vecchie carceri presso Palazzo Cicogna, un edificio ormai abbandonato e fatiscente, hanno dato il via a questo progetto. In questo caso il luogo non è puro oggetto di documentazione storica, ma fornisce l'ambientazione necessaria a condurre un discorso che raggiunge le profondità dell'animo umano. Il carcere diventa quindi simbolo per raccontare qualcosa di più grande e la capacità di Pietro sta nell'essere riuscito a farlo partendo da piccoli dettagli: particolari dei muri scrostati su cui sono impresse le tracce di una permanenza forzata e prolungata, così come una finestra da cui entra uno spiraglio di luce nel buio della stanza, trasmettono con forza la sensazione di oppressione e angoscia che per anni hanno abitato questo luogo. Come se tali stati d'animo si fossero impressi sulle pareti delle celle e ora riemergessero materializzandosi in alcune frasi tratte dall'opera di Pellico. Così, per esempio, su un angolo del muro compare la scritta 'nulla è durevole
quaggiù', oppure sul soffitto, a simboleggiare il desiderio di libertà che mai può essere represso, troviamo queste parole: 'la vista di qualsiasi cosa mi consola, mi fa pensare…e con essa io spicco il volo…' illuminate dalla luce proveniente dalla finestra. Ecco dunque come un tema così ampio come quello della libertà possa essere affrontato utilizzando il mezzo fotografico: il fotografo ritorna più volte a evidenziare la forza della luce che penetra l'oscurità, metafora della speranza che tiene in vita gli uomini. Altre volte invece ricorre all'uso di alcune comparse che, come presenze fantasma, vagano ancora lì dove il tempo sembra essersi fermato.
Liberi tutti – Pietro Caccia con le sue immagini ha narrato una storia che è universale perché ha per protagonista l'uomo e la sua inestinguibile volontà di affermare se stesso. Il carcere è inteso non solo come luogo di pena e sofferenza, ma anche come occasione di pentimento e riscoperta di un valore così grande come quello della libertà, che proprio perché irrinunciabile, può trovare spazio anche tra le mura della prigione. In questo modo le fotografie di Pietro parlano a ciascuno di noi, ricordandoci che nessuna catena o sbarra né qualsiasi impedimento possono mettere a tacere la voce del nostro io.