Da sempre il legno rappresenta uno dei mezzi più disponibili ed economici, anche perché di facile trasporto, attraverso i quali l'uomo cerca un contatto con la sfera del sacro. Questa caratteristica ha fatto, per troppo tempo, scambiare questa produzione per semplice artigianato o "arte popolare". In realtà gli studi degli ultimi decenni hanno posto in risalto da un lato la diffusione delle sculture lignee, e dall'altro il livello spesso altissimo della loro elaborazione formale.
Per quanto riguarda il territorio ticinese, si tratta infatti di testimonianze di una tradizione artistica che raggiunse spesso vertici europei, realizzate degli stessi artisti attivi a Milano e nelle altre città dell'attuale Lombardia, ma anche nelle regioni oggi conosciute come Piemonte, Liguria, Romagna.
Pare possibile rilevare a grandi linee una differenziazione geografica: l'area del Lago Maggiore guarda verso la Diocesi di Novara, mentre il Sottoceneri si volge in modo specifico al contesto milanese e comasco. Si tratta sempre di opere di importazione, regola a cui non sfuggono anche le due incantevoli e così diverse tra loro Madonne qui esposte (catt. 15 e 16).
Il secondo Cinquecento appare invece ancora molto lacunoso. Si getta qui una sonda proponendo di legare al nome di Battista da Corbetta il notevole Cristo portacroce della chiesa della Madonna di Loreto a Lugano, verso il 1560 (cat. 17).
III. Opere tedesche al tempo della Riforma
Le opere todische appaiono concentrate nelle valli settentrionali, Leventina, Blenio, Riviera: aree in cui è testimoniata la presenza di immigrati tedeschi.
La maggiore economicità di produzione e di trasporto e l'abbondanza di materia prima rendono agevole e conveniente l'importazione di manufatti in legno. Gli altari tedeschi sono poi spesso formati con sculture di esecuzione seriale ancorché raffinata, che potevano anche essere esposte ed acquistate nelle fiere, scegliendo i santi che si volevano per la propria chiesa.
Con l'affermarsi della Riforma nei cantoni tedeschi si assiste a un periodo di transizione. Opere a rischio di iconoclastia vengono rimosse dalle chiese per cui erano state originariamente realizzate e talvolta vendute nelle aree italofone rimaste fedeli alla Chiesa di Roma (è il caso della Pietà di Claro, cat. 19) e artisti ormai senza futuro in patria emigrano verso sud, nei baliaggi cattolici.
IV. Il Seicento
Nuovi oggetti vengono concepiti e realizzati, dai confessionali ai cibori monumentali. L'organizzazione del consenso e la fidelizzazione avvengono anche attraverso immagini ripetute in modo quasi ossessivo: tra queste sicuramente la Madonna del Rosario (o quelle del Carmine e della Cintura, derivate sostanzialmente dalla stessa iconografia), esemplate sulla Madonna dell'albero esistente nel Duomo di Milano, e presso il cui altare Carlo Borromeo costituisce la Confraternita intitolata appunto alla Madonna del Rosario. Non sarà forse un caso che i primi esemplari noti in Ticino di questa tipologia siano milanesi (Arzo, circa 1610, cat. 21).
L'iconografia conosce una diffusione vastissima, e anche in area ticinese ne rimangono molte versioni, di varia qualità. Forse milanese è anche quella di Agno (cat. 26), del 1663 circa, che sembra creare una prima variazione pur all'interno di una iconografia che rimane riconoscibile. Qualche timido segnale di rinnovamento lo fornisce la bella Madonna del Rosario di Mendrisio (cat. 29), ancorata a un documento del 1694.
Analoga diffusione, nonostante si tratti di manufatti complessi e costosi, fu conosciuta lungo tutto il Seicento dai monumentali tabernacoli d'altare, in cui spicca il ruolo di botteghe della Val d'Ossola e del Comasco.
Lungo tutto il XVII secolo si conferma la costante della scultura in legno come prodotto in gran parte da importazione. Talvolta anche dall'estremo sud, come è il caso delle statue di Stabio (ma provenienti da Como), del cappuccino calabrese Diego da Careri (cat. 24) o del Crocifisso di Castel San Pietro, attribuibile al confratello e compaesano Giovanni da Reggio.
Possiamo renderci conto della portata di tale sollecitazione tornando a interrogare la sempre richiestissima iconografia della Madonna del Rosario. In mostra si potrà esaminare da vicino la bella statua di San Biagio a Ravecchia (a rigore Madonna del Carmine: cat. 32). Il panneggio, finora piuttosto severo e compassato, si anima di colpo, come sferzato da una improvvisa e violenta folata di vento, le movenze della Madonna e del Bambino appaiono più disinvolte e scattanti. Non si tratta di casi isolati, dal momento che la stessa impostazione del tema si trova diffusa su scala molto ampia, dalla Lomellina al Piemonte sabaudo. Molto probabile che l'origine di questa fortunatissima variazione sia da ricercare proprio nella Madonna lignea di Ercole Ferrata, oggi al Museo Diocesano di Scaria di Intelvi.
Tra le vie "locali" al rinnovamento della scultura lignea assume sicuramente un ruolo importante Andrea Albiolo (di cui in mostra è esposta la Immacolata di Canobbio, del 1735; cat. 33).
Nel frattempo, nuove istanze stilistiche sembrano prendere piede. In particolar modo conosce una qualche fortuna la scultura genovese. All'ambiente ligure va ricondotto ad esempio il San Giovanni Battista di Solduno, dono del 1758 da parte degli emigrati a Genova, e il mobilissimo, fremente San Vincenzo Ferrer di Vacallo (cat. 36).
La rassegna si completa con lo straordinario Beato Angelo Porro di Mendrisio (cat. 35), statua vestita di impressionante iperrealismo, per il quale si ipotizza una origine romagnola intorno al terzo decennio del Settecento. Esso rappresenta la tipologia delle statue vestite (manichini di cui venivano modellate con cura solo le parti destinate a essere viste, solitamente la testa, le mani e talvolta i piedi, mentre il resto veniva ricoperto da abiti veri), di cui esiste ancora in Ticino qualche esemplare settecentesco; caratterizzato da uno sbalorditivo virtuosismo nel lavoro del legno, è in aperta ed esplicita competizione con il realismo epidermico della scultura in cera.
Conclude il percorso il divertente Presepio di Giornico (cat. 37), opera creata per accumulo, dal nucleo todischo di una Sacra Famiglia rinascimentale, poi ampliata tra Seicento e Settecento con pastori e angeli: perfetta sintesi della mostra.
Da martedì a venerdì: 9-12 / 14-18
Sabato, domenica e festivi: 10-12 / 14-18
Chiuso: il lunedì; 24, 25 e 31/12
Aperto: 1/11; 8, 26/12; 1, 6/01
ridotto (pensionati, studenti, gruppi): CHF/€ 8.-
Si accettano Euro.