L’istituto è un romanzo di Stephen King edito da Pickwick nel 2020. Il re del brivido, che ci ha regalato e speriamo lo faccia ancora, romanzi gotici e racconti horror questa volta si concentra sui poteri della metafisica e lo fa mostrando la massima attenzione sulla forza predominante che solo i bambini e gli adolescenti possiedono.
Puro istinto come l’amore, la paura e il senso di appartenenza. Ed è attraverso questi ultimi due ultimi che l’Organizzazione controlla gli ospiti dell’Istituto.
Accaddè così che una sera a Minneapolis uomini addestrati entrarono nell’abitazione di Luke Ellis e dopo averne ucciso i genitori lo fecero salire sopra un SUV nero conducendolo miglia e miglia lontano da casa.
I documenti delle scuole frequentate da Luke mostravano capacità insolite, davvero fuori dai parametri più eclatanti.
Cercava con avidità all’Istituto, ragazzini straordinari che incanalati nel giusto modo donavano il potere per intervenire sull’economia e sulla politica mondiale. I bambini con determinate prerogative, trattatati come l’Istituto sapeva fare, riuscivano a creare l’Energia per dare vita all’arma per eccellenza.
Luke il mattino seguente si svegliò in una camera identica alla sua senza finestre dove anche i più insignificanti oggetti erano collocati esattamente al loro posto. Perché? Lo studiavano da tempo. Cosa avrà mai da destare l’attenzione di apparati con mezzi e uomini così illimitati?
Nell’istituto regole ferree, esistevano parti comuni e zone vietate, si poteva addirittura fumare senza che nessuno dei pochi adulti presenti, qualche infermiere e addetti alla sicurezza, dentro impeccabili completi scuri o a tute bianche, intervenissero.
Esistevano le punizioni e i premi per chi rispettava le regole. Il premio? Un gettone con il quale si poteva accedere ai dispensatori di sigarette e alcolici posti nell’atrio interno della zona comune.
Fuori un tratto di campagna e poi alberi e alberi e ancora alberi. Oltre al campo da basket nulla di più esisteva nel parco simile al cortile di una comunissima scuola. Però il perimetro recintato dall’alta rete elettrificata era poco amichevole e severo.
Luke non comprendeva, i bambini le ragazze e i ragazzi anche poco più grandi di lui possedevano doti da veri geni. Lui era bravo in matematica, faceva da sé la dichiarazione dei redditi del padre, memorizzava ogni formula capovolgendola e sintetizzandola a suo piacimento e nulla di più.
Se il suo potere era amare i numeri allora ne possedeva uno. Quindi perché era li?
Non gli interessava la competizione, voleva tornare a casa e non capiva perché i suoi compagni di prigionia, perché questa era la realtà, ambissero ad accedere al livello superiore.
Forse per i gettoni per whisky e Marlboro che si ricevevano attraverso la promozione. In molti erano divenuti alcolisti, così era più semplice controllarli ed estirpargli l’energia necessaria. Di tanto in tanto qualcuno accedeva al livello superiore e lo faceva percorrendo i trenta metri del corridoio dove tutto era bianco e nessuno era mai tornato indietro.
A Luke non piaceva essere costretto, sua madre non l’aveva mai fatto e desiderava tornare a casa. Non gli interessava ne l’alcool ne il fumo tanto meno ricevere l’encomio della direttrice. Una donna decisa e devota alla causa tanto d’avere scordato di essere una possibile madre.
Luke decise di andare via, il suo piano era così semplice da essere geniale. Se vorreste aiutarlo a fuggire, il solo modo in vostro possesso è di leggerne le vicissitudini.
Stephen King – “L’istituto”, pp.501, Euro 14
Castrenze Calandra