Grazie a un’iniziativa di Achille Bonito Oliva 45 artisti si sono impegnati a realizzare su questo tema le loro opere, esposte in tutta la Penisola. Presentato a Palazzo Reale il libro Skira che ne raccoglie i contributi.

 

Chi non vorrebbe vivere nel Paese della Cuccagna? Dove non si lavora, cibo e vino abbondano per tutti e la felicità è a portata di mano? Qualcuno, magari, già ci vive, perché si trova dalla parte “giusta”, quella dei ricchi e dei potenti. Ma la maggioranza delle persone, purtroppo, non può fare altro che immaginarselo.

 

E, magari, accontentarsi di una soluzione palliativa, cioè l’albero della cuccagna, un gioco popolare, ormai non più di moda, dove in cima a un palo, vengono disposte cibarie che si possono raggiungere solo arrampicandovisi sopra. Cosa non facile perché il palo è scivoloso, spalmato com’è di grasso per rendere ancora più difficoltosa la salita.

L’idea dell’albero della cuccagna venne in mente, in occasione dell’Expo 2015, ad Achille Bonito Oliva, dal momento che uno dei simboli della manifestazione era proprio “l’Albero della Vita” e lo spirito caustico del critico d’arte ne approfittò per proporne una metafora utile a far scaturire riflessioni sul tema dell’alimentazione e della giustizia sociale.

Pensò, quindi, di scegliere, con l’aiuto di istituzioni pubbliche e private, 45 artisti in tutta Italia , ai quali, tra il 2015 e il 2017,  affidare il compito di realizzare opere legate a questo soggetto, creando così una mostra “diffusa” su tutto il territorio nazionale. Ora tale progetto espositivo ha trovato la sua concretizzazione anche in un bel volume, edito da Skira, intitolato “L’albero della cuccagna. Nutrimenti dell’arte”, 256 pagg. brosura, 59 euro, che riunisce tutte le opere.

Il mito dell’albero della cuccagna affonda le sue radici (è il caso di dirlo) nella tradizione arcaica popolare. Simbolo di gioia, prosperità, ma anche della fatica che costa ottenerle.
Il prof. Guido Guerzoni, dell’Università Bocconi, autore di una brillante presentazione del volume, ha ricordato che  l’idea fantastica del Paese di Bengodi (ricordato anche da Boccaccio), luogo immaginario di delizie, abbondanza, trasgressione (legato anche ai riti carnascialeschi) risale alla fine del Duecento e si protrae per almeno due secoli.

Poi, tale fantasia, che sottintende un sogno comunista malvisto dai più, diventa sgradita, la licenza un vizio, la povertà una colpa e, al suo posto, viene istituzionalizzato l’albero della cuccagna, come fiera, divertimento, soprattutto per i ricchi, che sadicamente assistono al misero spettacolo delle peripezie degli umili che si dannano per salire fino in cima al palo e appropriarsi delle leccornie che vi sono esposte.

La cuccagna, in tempi più recenti, è stata poi ripresa come icona, simbolo, soprattutto nella toponomastica meneghina (Cascina Cuccagna) e nelle insegne commerciali di qualche “trani” di periferia per convincere gli avventori a bere il loro pessimo vino.

Con l’arte, l’albero della cuccagna, che era diventato un palo, cioè un albero morto, viene fatto rivivere attraverso la fantasia di 45 artisti, che anche il filosofo Giulio Giorello – presente all’incontro – ha mostrato di apprezzare per l’originalità delle idee realizzate, pur attraverso le diverse scelte stilistiche, da astratte a figurative, compiute da ognuno. Per ragioni di interesse personale (“La matematica della natura” è uno dei suoi ultimi saggi) si è in particolare soffermato sull’opera di Mimmo Paladino che ha realizzato un albero con l’assemblaggio di tre numeri: l’uno, il due e il tre (nella copertina del volume). Con il carico di simboli che ognuno di essi veicola.

Dal canto suo, Achille Bonito Oliva ha sottolineato il merito di una iniziativa che, attraverso 45 opere, veri e propri “monologhi iconografici”, ha portato l’arte contemporanea anche in paesi e zone poco frequentate d’Italia. Un Paese che egli, non senza il sarcasmo che contraddistingue il suo eloquio, ha voluto definire “più che uno Stato, uno stato d’animo”.

Ha ricordato che l’arte ha avuto diverse funzioni nel corso dei secoli da strumento apotropaico e magico, a rappresentazione allegorica, a illusione, ecc.. L’albero della cuccagna è quasi l’emblema dell’artista diseredato (nel senso più nobile della parola) in equilibrio precario, costantemente impegnato a raggiungere la cima del palo per investire tutto se stesso nell’atto creativo, facendolo anche in modo sgraziato,  scomposto (Van Gogh, Caravaggio), spesso sospinto da un senso di follia incoercibile, sempre alla ricerca di un plusvalore da investire nell’opera che realizza. Un investimento senza ritorno perché l’artista, secondo Bonito Oliva, è “un errore biologico” rispetto alla sua opera, perché l’artista muore e l’opera resta.

Oltre al Comune di Milano, tra le associazioni culturali cui si deve l’organizzazione tecnica della manifestazione, ricordiamo Spirale d’idee e MetaMorfosi; alla pubblicazione del volume ha contribuito anche la Fondazione Carla Fendi.

Ugo Perugini