Conoscere un pittore significa non solo osservare le sue opere ma anche la sua persona e il suo modo di lavorare. Un artista opera prima di tutto in un luogo che sente caro e che gli permette di esprimere al meglio quello si porta dentro e che vuole comunicare. Quindi, per cogliere queste sfumature, non c’è niente di meglio che approcciarlo nell’ambiente che gli è proprio: il suo studio.
Il pittore Giovanni Beluffi vive e lavora a Castelseprio. Il suo studio è formato da due locali: uno più ridotto al piano superiore dove dipinge le sue tele più piccole e dove sono conservati gli strumenti del mestiere insieme alle sue opere molte delle quali ordinate in una cassettiera, uno spazio più grande al piano terra dove si trovano opere di grandi dimensioni. L’artista ci mostra numerosi dipinti che, con passione, alza, sposta, srotola, estrae. E sono proprio i suoi quadri che lo invitano a parlare e a raccontare di sé.
Beluffi, nato in provincia di Brescia, si trasferisce a Varese dopo gli studi e qui rimane affascinato dal paesaggio così ricco di storia cultura e bellezze naturali. In modo particolare lo attraggono il lago, il fiume Olona, i monti e le valli. Autodidatta, in quel periodo arricchisce le sue conoscenze artistiche visitando musei e mostre e frequentando studi di artisti noti. Inizia l’attività espositiva nel 1973 con la prima mostra personale a cui ne seguono moltissime altre accompagnate da numerosi premi e riconoscimenti. Aderisce inoltre all’associazionismo locale esponendo in molteplici mostre collettive.
Beluffi, uomo semplice di quelli che sembra di conoscere da sempre, ci descrive la tecnica che utilizza.
“Dipingo sulla tela e poi la applico sulla tavola: in questo modo non ho bisogno di incorniciare l’opera ma posso inserire solo un piccolo gancio e un profilo. Prima, quando lavoravo con l’olio che era più materico avevo bisogno di più flessibilità quindi la tela era già intelaiata mentre negli ultimi tempi dipingendo con l’acrilico quasi acquerellato, ho bisogno che la tela sia dura per poterla poi incidere con la spatola con i miei segni e creare anche il disegno. La tela, quando dipingo, è già fissata su un supporto rigido anche perché l’acqua scorre via più velocemente. Alcune opere sono invece realizzate direttamente su tavola.
A me piacciono l’autunno e l’inverno. Amo dare la sensazione della nebbia da cui emergono gli alberi in in un gioco di vedo non vedo. Ho una predilezione per il paesaggio ma a volte dipingo anche nature morte e temi sacri anche perché amo variare e non fossilizzarmi su un’unica tematica.
I paesaggi sono sempre indefiniti, sfuggenti, molto poetici perché a me piace lasciare l’interpretazione da parte di chi osserva e che vede magari anche qualcosa che io non intendevo e suscitare emozioni che possono essere diverse da persona a persona.
Io nasco dalla pittura figurativa, poi mi sono avvicinato all’Informale, quindi c’è stato un periodo materico quasi “morlottiano”. Adesso sono passato a un’idea di figurativo in cui è comunque molto forte l’aspetto informale e astratto. Io osservo i luoghi del territorio che mi trasmettono sensazioni e li elaboro mentalmente in relazione a quello che provo.
Non mi interessa se quello che rappresento rispecchia la realtà o meno ma mi preoccupo che tutto sia armonico, equilibrato e che la composizione regga e trasmetta emozioni”.
I paesaggi di Beluffi sono sospesi tra sogno e realtà, onirici. Sono allo stesso tempo di fantasia ma realistici, apparentemente sono astratti ma si ritrova sempre l’elemento paesaggistico. Con poche linee nette, incise o dipinte a contrasto, riesce a dare l’idea degli elementi presenti nella composizione e a renderla viva.
Cristina Pesaro