Nella Milano degli anni Trenta Riccardo Crippa (Milano, 1912-1954), mecenate e collezionista d'avanguardia, svolse un ruolo cruciale a favore delle tendenze che si stavano facendo largo nel capoluogo meneghino in opposizione al Novecento. Il suo desiderio di infrangere i confini stereotipati dell'arte (e del collezionismo) lo portò a seguire da vicino le vicende artistiche internazionali, e a partecipare – nel 1949 – alla prima edizione del Premio Città di Varese, segnato da artisti del calibro di Pablo Picasso ed Henry Moore. Ricordato soprattutto come un grande magnate del caffè per essere stato il fondatore, insieme a Robert Berger, della famosa industria del caffè Hag, questa collezione mette in luce il suo animo di raffinato cultore d'arte, nonché il suo amichevole rapporto con Lucio Fontana (Rosario, 1899 – Comabbio, 1968) figlio di un varesino di Capolago, emigrato in Argentina, che trascorse gli ultimi anni della sua vita a Comabbio, nella casa paterna, trasformata nella seconda metà degli anni Sessanta in un atelier privato.
Il primo contatto con Fontana risale al 1931, proprio durante l'importante personale tenuta alla Galleria Il Milione di Milano, in cui la produzione dell'artista italo-argentino si trova ancora in una fase di transizione tra bronzetti e tavolette graffite in terracotta o in gesso. I 45 disegni presentati alla mostra del 1996 ripercorrono l'attività di Fontana tra gli anni Trenta e gli anni Quaranta, «dalle prime prove di primitivismo parente dell'Uomo nero, allo sperimentalismo dei disegni non figurativi, passando dalle inquiete evoluzioni degli anni
della ceramica, fino al ritorno al figurativo e "mitologico" degli anni di Corrente, preludio alla ricerca più saldamente figurativa sviluppata in Argentina a partire dal 1940».
La cospicua produzione grafica, donata all'amico Crippa prima di partire, è stata divisa dallo studioso Paolo Campiglio in due gruppi. Il primo è caratterizzato da figure di forte suggestione espressionista, dai profili squadrati ma dal disegno ancora incerto, precario, proprio come il segno utilizzato nelle tavolette degli stessi anni. Qui la figura umana è ancora protagonista dello spazio e del disegno, che assume per lui il valore di «frontiera sperimentale [..] di compiuta vocazione analitica e autoanalitica». La linea si fa sempre più veloce, fluida, dando il via prima a una parentesi di studi e ritratti sintetici, poi a un disegno sempre più festoso e barocco. Al secondo gruppo, che coincide con l'imminente partenza di Fontana per l'Argentina, appartengono soprattutto immagini di animali e autoritratti malinconici, in cui la figurazione acquista una nuova compattezza e solidità. Tra questi ricordiamo un singolare ritratto di Riccardo Crippa colto, ironicamente e con pochi ghirigori, disteso sul suo sofà. Un decennio sperimentale, quello inquadrato dalla collezione, che mette in luce come nell'opera di Fontana disegno e scultura siano sempre stati legati da un invisibile doppio filo.