Le bocche di fuoco – Quattro contro uno. Ha l'aria di essere un confronto impari, la tavola rotonda ideata da Luigi Zanzi e dall'Associazione Amici dei Musei, destinata a riaprire il dibattito sul progetto di installazioni contemporanee lungo la via che dal Sacro Monte porta al Campo dei Fiori. "Riaprire la "Fabbrica del Rosario"?
Dove, come e quando?", il titolo sufficientemente provocatorio. L'appuntamento è fissato per mercoledì 14 maggio alle 21. La sede, l'aula magna dell'Università dell'Insubria. Certi anche gli ospiti. Philippe Daverio, intanto, Carlo Bertelli, già soprintendente ai beni artistici e storici di Milano e direttore della Pinacoteca di Brera, l'architetto Guglielmo Mozzoni da una parte; Giuseppe Panza di Biumo dall'altra. In mezzo, pendende verso i primi tre ma di fatto libero battitore, lo stesso Luigi Zanzi.
Confronto pubblico – Due tra le voci storicamente più influenti della città, e due emerite sentinelle del panorama culturale italiano, che a più riprese hanno sostenuto la loro contrarietà al progetto; e il collezionista che ha messo fin dalle prime battute la sua storia, i 'suoi' artisti, la sua concezione estetica nel progetto presentato dell'amministrazione locale. In un incontro pubblico di cui si sentiva l'esigenza ed evocato fin da quella sera di fine febbraio quando l'architetto Mozzoni, provocò per primo il sindaco Fontana a confrontarsi con la comunità varesina.
La terza via – "Penso sia una cosa interessante – spiega Zanzi – che si cominci a confrontarsi su questo argomento, dando per scontato che personalmente ritengo un'idea assurda modificare, anche solo una virgola, di quel complesso così articolato, così in sé concluso come la via Sacra e il significato religioso sotteso". Zanzi non si dilunga su quello che potrà essere la trama, l'intreccio della discussione. Avanza tuttavia una sua nuova ipotesi di lavoro, che verrà dettagliatamente argomentata: "un'idea che occorre verificare se abbia un senso, se possa essere ritenuta importante".
Una nuova cultura della montagna – Un'idea che si rifà ad una antica, nobile tradizione della cultura botanica varesina, della civiltà delle ville e dei giardini, ma anche della stessa montagna. "Pensare ad una forma di land art, una declinazione artistica ambientale intelligente e rispettosa della natura, in cui sia possibile intrecciare l'arte del giardino e della meditazione, in chiave del tutto ecologica". Un'idea controcorrente, aliena, certo, ad esigenze di commercializzazione e marketing dell'arte. "Eppure storicamente riconoscibile, perfino religiosamente declinabile alla luce dei misteri luminosi", continua lo storico.
Giardini misterici – Ecco, allora, la proposta nella sua possibile concretezza: cinque giardini 'misterici', come esistevano fin dal '500, da prevedere in alcuni dei pianori che costellano le pendici del Campo dei Fiori, da Luvinate a Gavirate: cinque isole "che solo pochi solitari varesini conoscono – sottolinea con una certa amarezza Zanzi – che potrebbero essere lo scenario ideale per installazioni eco-spirituali. E che davvero potrebbero rilanciare la geografia artistica varesina e al tempo la cultura della montagna".