Milano – Venti opere interamente realizzate in argilla bianca compongono la prima personale di Carolein Smit in Italia intitolata “Malie di smalto e terra” in apertura dal 28 novembre alla galleria Carlocinque (inaugurazione alle 18,30).
Esposti gli ultimi anni di produzione dell’artista olandese il cui lavoro si distingue oltre che per una tecnica raffinata, per un’estetica che danza tra il sublime e il grottesco.
Smit si ispira a una ceramica di tradizione europea che affonda le radici nelle celebri manifatture di Sevrès, Meissen e Nymphenburg. Queste fabbriche, nate nel XVIII secolo, hanno contribuito a definire l’estetica della porcellana europea attraverso una combinazione di decorazioni sofisticate e una meticolosa attenzione ai dettagli. Ceramiche destinate a un’élite, esemplari di bellezza e opulenza, in cui l’estetica raffinata si fondeva con un simbolismo profondo legato alla religione e allo status sociale.
Il suo processo creativo è intimamente connesso a questa estetica e tradizione. L’artista affronta l’argilla come un “disegno tridimensionale”, lavorando ogni dettaglio con una precisione quasi ossessiva. Usa fili sottilissimi di argilla per creare texture intricate, dalle piume alle lacrime, fino al singolo pelo, che applica meticolosamente uno per uno. Questa scelta tecnica riflette non solo il passato di Smit come illustratrice, ma anche un profondo rispetto per l’artigianato e la ritualità del fare artistico. Il suo processo di applicazione ripetitiva è simile a un rito, un’azione meditativa che trascende la semplice manualità.
Smit concepisce ogni scultura come un’entità autonoma, destinata a esistere indipendentemente dall’artista stesso, se osservate da vicino, le superfici sembrano costruire un’immagine disegnata nello spazio, trasformando ogni figura in un’opera che cattura lo sguardo e invita l’osservatore a perdersi nei dettagli. Gli animali, così spesso presenti nel suo immaginario, assumono un’aura che va oltre il loro aspetto: sono creature vulnerabili e allo stesso tempo portatrici di un segreto. I “Bloedhonden” , con i loro occhi malinconici e i corpi segnati, sembrano volerci parlare di una verità che si nasconde dietro gli smalti lucidi.
L’artista riprende questa tradizione non solo per il valore estetico, ma per il potere simbolico che essa veicola: l’oro e gli smalti pregiati diventano strumenti per riflettere sul concetto di vanitas e sull’impermanenza dei beni materiali, suggerendo un dialogo costante tra opulenza e caducità, tra vita e morte, evocando la precarietà dell’esistenza umana e la fragilità di ogni aspirazione terrena. Non si limita a richiamare una ceramica di tradizione classica, ma la reinventa, trasformando l’argilla in una superficie viva.
La sua è una voce unica e potente nel panorama della ceramica contemporanea, i suoi lavori sono presenti nelle collezioni permanenti del Victoria and Albert Museum di Londra e sono stati esposti in importanti istituzioni quali il Kunsthal di Rotterdam e il Musèe de la chasse et de la nature di Parigi.
La mostra sarà visitabile sino al 14 marzo. Giorni e orari: martedì, mercoledì, venerdì, sabato e domenica 9.30-19.30; giovedì 9.30 – 22.30.