Dai suoi occhi traspare la passione e la tenacia che lo hanno portato fino a qui. Per Mariano Salerno, il viaggio nel mondo dell'arte è iniziato da giovane, con una valigia di cartone in mano, traboccante di sogni e speranze.
Nato a Niscemi, in provincia di Caltanissetta nel 1941, dopo aver frequentato l'istituto d'arte in Catania e l'Accademia di Brera a Milano, Mariano Salerno ha intrapreso la carriera espositiva: molte le mostre personali, a Varese e a Palazzo Verbania di Luino, collettive in Italia, Svizzera e Germania.
Quelle raccolte in Sala Veratti sono opere che raccontano un percorso ventennale, dal 1996 a oggi, tra le più significative ed indicative di un'arte in continua fioritura.
Mariano Salerno è un artista che conosce profondamente la Storia dell'Arte, ha attraversato varie sperimentazioni e diverse tecniche, nel solco della tradizione ha raggiunto la sua più personale conquista, rappresentata dal Neo-futurismo. "Studiando e poi dipingendo forme e culture diverse, con una pittura materica ed un tocco di colore – afferma Mariano Salerno – ho rivelato i percorsi interiori della mia opera pittorica"
Nelle sue opere è luce, geometria e dinamismo. Il colore resta indubbiamente l'elemento predominante, che cattura l'occhio dell'osservatore: colore vivo, vibrante, lucente, mediterraneo, che scompone la figura e spezza le forme.
La forma e il colore, i capisaldi dell'opera di Salerno. Scompone, riassembla, analizza e studia la dinamica, "ferma" sulla tela il movimento. "Il movimento ritmico dei piani e delle linee è un elemento plastico e pittorico di cui un'opera d'arte non può fare a meno. Spazi e luci colorate diventano protagonisti, linee e figure geometriche; racchiudono in esse contenuti ritmici come in un brano musicale, perchè ogni pennellata è la continuazione dell'altra, una perfetta amornia, non più statica".
In alcune opere emergono e si compenetrano nelle gemetrie figure femminili, modelle carnose come quelle di Tamara de Lempicka, o manichini senza volto alla De Chirico che aprono a concetti di uomo "metafisico". "A livello artistico oggi si è fatto tutto. Quindi realizziamo opere piene di contenuti, e le opere davanti alle opere racconta se stessa".
Lungo il percorso della mostra, in fondo alla sala, si incontra il trittico "L'emigrazione". Nel dipinto centrale, un uomo seduto su una valigia, col viso tagliato dal cappello, fa risuonare tra le vie della città la sua fisarmonica. Nei dipinti laterali, invece, l'uomo è al lavoro. "Il trittico rappresenta l'uomo che parte, con una valigia di cartone in mano, piena di niente, per trovare la sua realizzazione – spiega Salerno-. Questo trittico rappresenta l'emigrante in genere, in cerca di un futuro migliore. Rappresenta l'inserimento dell'emigrate nel mondo del lavoro".