Il 16 aprile si è aperta al Museo Diocesano di Milano una rassegna monografica, composta da circa 60 opere, che ripercorrono 50 anni di attività dell'artista milanese Mario Raciti. Artista ormai riconosciuto grande, consacrato da una personale alla Biennale di Venezia del 1986 e da innumerevoli Mostre nelle più prestigiose sedi pubbliche e private, italiane ed estere. Ma non ferma un istante la ricerca. "Inseguivo chimere altre, era un viaggio che svolgeva verso un non dove, in una atmosfera visionaria di tensione e dissipazione", così parla l'artista, prima rivolgere il suo pensiero alla pittura: "Ho pensato sempre alla mia pittura, che viaggia e varia nella psiche profonda del viaggiatore, come a un romanzo di formazione, alla maniera di Enrico di Ofterdingen di cui Klaus Wolbert ha citato per il mio lavoro il "fiore azzurro", che è simbolo romantico. Per cui, se, per alcuni, sono "borderline", se altri mi ritengono ancora un informale, io so solo che, memore dell'arte di sempre, invento tra le macerie dell'oggi una pittura ultima, ed è colpa del mio inestinguibile, pressante sogno, se sono kandiskianamente necessitato da una forma che è quella e non si può classificare alla luce dei regolamenti vigenti".
La mostra si concentra su due nuclei di dipinti e carte – il primo del 1962, l'altro del 2012 – in grado di indicare le affinità e le differenze all'interno di un percorso creativo lungo mezzo secolo, durante il quale Raciti ha declinato varie tematiche, pur mantenendo uno sviluppo razionale delle stesse. Il percorso espositivo si apre con gli esordi figurativi degli anni ‘60, durante i quali Raciti s'immerge in un mondo incantato, di favola, in cui i segni si vanno organizzando in immagini plastiche e allungate, spesso verso l'alto o dentro l'orizzonte (nei titoli Raciti parla di antenne, di sonde, di giostre, di teleferiche, di tunnel), sempre all'insegna dell'ironia (il pittore comunica, in alcuni titoli, che sta cercando di catturare il volto di qualche bizzarro spiritello), che hanno una qualche parentela con il disegno infantile, con le sue rappresentazioni del mondo, e che rendono, con forza straordinaria, l'atteggiamento proprio di quella irripetibile età della vita, quando gli occhi sono sgranati, aperti a ogni incontro e a ogni emozione.
Il nucleo di Eden, presentato per la prima volta, è rappresentativo di lavori che si contraddistinguono per l'intrinseca carica ironica e per l'affinità con il disegno infantile. Nel decennio successivo, Raciti approda a quelle che lui stesso chiama "Presenze-Assenze", quindi, negli anni ‘80, alle Mitologie e infine ai Misteri degli anni ‘90. Intorno a questi, dal 2000 elabora Mani mine e misteri – il ciclo dei Why (‘Perché') che rievocano il dramma di Cristo sulla croce e quello dei Fiori del profondo che ricorda il mito di Proserpina nell'Ade: "Attualmente, rivivendo il mito di Proserpina, che, prigioniera nell'Ade, anela a comunicare sulla terra colla madre Demetra, dea delle messi, facendo nascere sul pianeta i fiori a primavera, apro il dramma alla speranza, Speranza, oggi velata dalla privazione di un contatto umano, speranza di un nuovo vivere". Del 2012 appartiene il secondo nucleo di grandi tele, anch'esse inedite, nelle quali i fiori si sono trasformati in dardi.
Mario Raciti. Opere 1962-2012
Dal 16 aprile al 9 giugno 2013
Museo Diocesano di Milano
Corso di Porta Ticinese, 95
Orari: martedì – domenica dalle 10.00 alle 18.00