Milano – “Ogni giorno è lo sforzo immane di resistere con questo cuore schiantato dall’enorme fatica di esistere… sempre in solitudine atroce e resistere, resistere con l’anima devastata alla tempesta che non si ferma. In certi momenti mi illudo ancora…”

È una delle frasi toccanti di Mario Sironi (Sassari, 12 maggio 1885 – Milano, 13 agosto 1961) scritta nel 1944 su un foglio ritrovato nel suo studio. Turbano queste parole dai significati forti, come forte e impetuosa è l’opera di questo artista al quale, il Museo del 900, dedica una grande e approfondita retrospettiva a sessant’anni dalla sua morte.
Secondo di sei figli, Mario Sironi, crebbe in un ambiente ricco di stimoli artistici, a partire dal padre, noto ingenere. Sensibile, introverso e schivo, grazie a un amico di famiglia, lo scultore Ettore Ximenes, trovò il coraggio di abbandonare gli studi di ingegneria e di iscriversi alla scuola libera del Nudo, a Roma. Nello stesso periodo aderì alla Corrente Futurista conoscendo i più celeri esponenti come Severini, Balla e Boccioni, di cui divenne grande amico.
Intorno agli anni 1908-1911 la sua pittura fu influenzata dagli impressionisti e postimpressionisti in particolare guardando Cézanne e Pisarro. Negli anni ’30 si dedicò alla anche alla pittura murale e numerose furono le committenze pubbliche e private. Seguirono anni di crisi, in particolare per il lutto di una delle figlie, Rossana, che si tolse la vita nel 1948, a diciotto anni.

Uomo onesto, di grande spessore e soprattutto non disposto al compromesso, nell’ultima fase della sua vita, pur non partecipando a importanti esposizioni, prosegui il proprio percorso artistico entrando anche nell’ambiente teatrale come scenografo e costumista.
Un viso dai lineamenti spigolosi e sguardo pensieroso; una personalità magnetica, volitiva e passionale, si legge di lui. Ed ancora tenace e caparbio ha sempre lavorato e lottato con tutte le sue forze in difesa dell’arte. Nelle sue opere, tra la solennità e armonia di forme e volumi, affiora quella malinconia che si fa tormento e forza, quella forza che, come si diceva , gli ha permesso di resistere all’esistenza, nonostante l’anima devastata alla tempesta.

Le cento opere esposte al museo del 900 ricostruiscono l’intero percorso artistico di Sironi: dalla giovanile stagione simbolista all’adesione al futurismo; dalla sua originale interpretazione della metafisica nel 1919 al momento classico del Novecento Italiano; dalla crisi espressionista alla pittura monumentale degli anni Trenta, fino al secondo dopoguerra e all’Apocalisse, dipinta poco prima della morte. Esposti anche alcuni capolavori che non comparivano in un’antologica sironiana da quasi mezzo secolo come l’affascinante “Pandora”, (1921-1922); “Paese nella valle”, (1928); “Case e alberi”, (1929); “L’abbeverata”, (1929-30), e altri completamente inediti. In mostra, ampio spazio è stato dato al ciclo dei paesaggi urbani, tema più famoso di Sironi, che acquista intensità dopo il suo arrivo a Milano nel 1919 dove esprime sia la drammaticità della città moderna, sia la volontà potente di costruire, in tutti i sensi. Il percorso si conclude nelle sale che documentano i drammatici anni finali dell’artista, tormentato anche dalla perdita della figlia.

Le opere raccolte provengono da importanti musei come la Pinacoteca di Brera, Ca’ Pesaro e la Fondazione Guggenheim di Venezia, il Mart di Trento e Rovereto e da collezioni private.
La mostra a cura di di Elena Pontiggia e Anna Maria Montaldo in collaborazione con Andrea Sironi-Strausswald (Associazione Mario Sironi, Milano) e Romana Sironi (Archivio Mario Sironi di Romana Sironi, Roma) è visitabile sino fino al 27 marzo 2022 nei seguenti orari: da martedì a domenica 10 – 19.30; giovedì 10 – 22.30.

E.F.