Milano – Una stravagante sinfonia di colori e dissacrazioni ti attende al Mudec fino al 30 giugno con “Short & Sweet“, la mostra fotografica di Martin Parr. Un’esposizione vibrante, composta da 60 fotografie e 200 foto a mosaico del progetto “Common Sense”, curata personalmente dall’autore in collaborazione con l’agenzia Magnum Photo, di cui è membro dal 1994.
La mostra rappresenta un’immersione nel mondo cinico e lucido dell’autore, evidenziando la sua straordinaria capacità di suscitare sorrisi mentre ci spinge a riflettere sulle nostre idiosincrasie.
Durante la conferenza stampa la critica e storica della fotografia Roberta Valtorta ha rivolto all’autore diverse domande tra cui una incisiva: “Cosa pensi dell’umanità?”. La sua risposta tagliente: “l’umanità è deprimente, le persone vogliono mostrare solo la parte migliore di sé“, ci spinge a riflettere sulle fondamenta dei suoi progetti.
Infatti Parr adotta uno sguardo attento per esplorare i temi scomodi della società contemporanea, dalla superficialità dell’intrattenimento di massa, al dilagare del consumismo.
Per Martin Parr, la fotografia è un potente strumento terapeutico. La pratica fotografica diventa quindi un mezzo attraverso il quale esplorare e confrontarsi con le complessità della vita moderna.
Il suo linguaggio ha un potere seduttivo innegabile sul pubblico, tanto che i suoi progetti sembrano uscire direttamente da una campagna pubblicitaria. Con i suoi colori accesi e i flash abbaglianti anche in pieno giorno, Parr riesce a catturare l’attenzione degli spettatori.
La sua abilità nel documentare il cattivo gusto, dilagante nella società moderna, dal cibo in eccesso agli stili di vita mercificati, consente addirittura un’analisi sociologica delle tendenze comportamentali. Il linguaggio resta sorprendentemente comprensibile e divertente. Ma le sue fotografie, dietro la maschera di accessibilità, nascondono una critica feroce al sistema, offrendo una prospettiva unica e provocatoria.
Il Kitsch diventa così una semplice constatazione, frutto della sua ricerca sui temi della globalizzazione e del turismo di massa. Parr si rivela un documentarista implacabile, deciso a svelare le contraddizioni e le ambiguità della nostra società.
E che dire del suo atteggiamento “Deadpan“, cioè impassibile, imperturbabile?
Come ci rivela Quentin Bajac nell’introduzione del libro “Intervista a un fotografo promiscuo“, edito da Contrasto, l’autore dal raffinato humor inglese, incarna un’approccio unico che unisce cultura alta e bassa, con uno sguardo sarcastico e compassionevole del mondo.
Il suo stile “essenziale, conciso” come il significato di questa mostra, mescola generi e utilizza l’immagine come forma di propaganda.
La sua vera voce risuona in profondità, dimostrando che Parr non è solo un fotografo ma è un antropologo della fotografia, che parla al nostro inconscio in modo schietto.
Focalizzato sul collezionismo dei dettagli, come dimostra nella serie “Common Sense“, utilizza il flash come se fosse uno strumento di analisi.
Durante l’evento ammette di realizzare tante fotografie che lui stesso definisce “brutte”, riconosce le sue imperfezioni che diventano un nuovo valore estetico e ci riconferma la sua autoironia.
Infatti è possibile avvicinarsi a lui, fare due chiacchierare e confrontarsi.
E’ l’antidivo per eccellenza.
Lo dimostra la serie “Autoportrait“, autoritratti de “Il signor qualunque“, immergendosi nei luoghi del turismo di massa che lui stesso critica. E’ parte del mondo che denuncia, accettando le contraddizioni e dimostrando la sua umanità.
E che dire dell’Italia, il secondo paese più fotografato da Parr dopo la Gran Bretagna?
Le sue osservazioni ironiche sulle vacanze degli italiani e sulle spiagge affollate ci fanno sorridere e riflettere sulla nostra stessa follia umana. Confessa candidamente di preferire immortalare le persone durante i momenti spensierati, cercando una sorta di leggerezza e distacco dalle tragedie del mondo.
Ma rimane innegabile il sottile pessimismo che lo distingue dai grandi fotografi come Cartier-Bresson o Salgado, preferendo abbracciare una visione più in linea con Diane Arbus o William Klein.
Parr ispira molti imitatori. È diventato uno stile, un’icona da seguire, tanto che si dice “fotografare alla Martin Parr”.
Il suo lavoro non è solo un esercizio di stile, ma una continua ricerca di nuove modalità per rappresentare il mondo, convinto che ci siano ancora tanti temi da esplorare.
La mostra al Mudec è un’esperienza che fa riflettere in modo leggero e mentre ti immergi nelle fotografie, non puoi fare a meno di chiederti: cosa c’è dietro?
Marzia Rizzo