unnamed-12-300x300Milano – PLAYLIST by Galleria Giampaolo Abbondio si prepara a ospitare “Vodka Cola” la nuova personale di Matteo Gatti. Nella sede espositiva di Via Carlo Poma , dal 26 febbraio al 24 aprile si può ammirare una serie di opere nelle quali l’artista esplora le trasformazioni radicali che hanno segnato il passaggio dal mondo industriale tradizionale a un presente dominato dalla fluidità economica e sociale, in cui i confini tra lavoro, consumo e vita privata si dissolvono sempre più.

La mostra si sviluppa come un viaggio attraverso i resti di un passato fatto di fabbriche e confini materiali, in cui il dominio economico e politico era tangibile, visibile, persino sfidabile, e il presente, dove le logiche produttive e di consumo permeano ogni aspetto della quotidianità. Un mondo in cui il rifiuto netto e consapevole si dissolve in una realtà liquida, che impone nuove forme di consapevolezza e creatività per resistere o adattarsi a una forma di progresso apparentemente inarrestabile.

Al centro della riflessione di Gatti si colloca l’ossessione per una produttività incessante, a cui si contrappone un’”eroica improduttività”: uno spazio di sottrazione e assenza che diventa fertile terreno per desideri e passioni svincolati dalle logiche economiche. Qui l’inazione non è negazione, ma un atto di resistenza, un’esplorazione dell’essere al di fuori della dittatura del fare.

La canzone Vodka Cola degli Area, contenuta nell’album “Gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano!” del 1978, è un brano emblematico che riflette il contesto storico e politico di fine anni ’70. Il titolo stesso è una sintesi provocatoria delle contraddizioni ideologiche dell’epoca: la vodka, simbolo del blocco sovietico e dell’ideologia comunista, e la cola, emblema del capitalismo occidentale, vengono accostate per denunciare la crescente omologazione tra sistemi teoricamente contrapposti ma, di fatto, entrambi segnati da logiche di controllo e consumo. Il disco fu pubblicato in un momento di grande trasformazione politica e sociale: in Italia si stava vivendo la fine delle grandi utopie rivoluzionarie del decennio precedente, il compromesso storico tra il Partito Comunista Italiano e la Democrazia Cristiana e un crescente clima di tensione politica segnato dagli anni di piombo. Gli Area, gruppo noto per la sua militanza politica e la sperimentazione musicale d’avanguardia, riflettevano nei loro testi e nelle loro sonorità una forte critica al potere, all’alienazione e alla globalizzazione incipiente.

Questo intreccio di critica politica, analisi sociologica e sperimentazione artistica si riflette perfettamente nella mostra di Matteo Gatti, che esplora le contraddizioni del presente e i confini ambigui tra ideologie, economie e identità. Se il disincanto verso le grandi narrazioni sembra definitivo, resta aperta la domanda su nuove forme di ribellione: la rabbia, intesa come coscienza poetica e politica, non scompare, ma assume nuove configurazioni, come suggerisce un’opera in mostra che ne intercetta la latenza e la trasforma in visione. Attraverso installazioni, fotografie e interventi site-specific, Gatti intreccia passato e presente, visibile e invisibile, costruendo un dialogo che sfida lo spettatore a interrogarsi sui propri spazi di resistenza futura.

Accompagna la mostra un catalogo con testi di Alessio Barettini. Orari al pubblico: dal lunedì al venerdì dalle 11 alle 13 e dalle 14 alle 18 oppure su appuntamento: T +39 02 00680350 / Mail: info@giampaoloabbondio.com

Cenni biografici

Matteo Gatti (nato nel 1989 a Olgiate Olona, vive e lavora a Torino) è un artista visivo la cui ricerca esplora l’ibridazione tra elementi naturali e culturali, sovvertendo i processi evolutivi biologici e psichici. La sua pratica combina disegno, materiali grezzi come sale e resine, e oggetti di recupero, creando cortocircuiti visivi. Ha esposto in diverse mostre personali e collettive.

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