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Il lavoro di ricerca che ha portato Maurizia Sala a questi risultati è piuttosto lungo e complesso. Dopo il diploma all'Accademia di Brera, si dedica a partire dalla fine degli anni Settanta alla pittura, gettandovisi anima e corpo e facendo in modo che dalle sue opere erompano le pulsioni vitali che a quell'epoca animavano la sua forte carica espressiva. Sono veri e propri tripudi di colore puro, dove la luce rimane violentata dalla forza attrattiva dello smalto quasi alla maniera di un de Vlaminck.
I suoi soggetti sono tendenzialmente corpi nudi. Quello che all'Artista interessa, però, non è tanto la loro dimensione anatomica, la loro potenzialità dinamica e vitale, quanto il senso che racchiudono, il valore simbolico che richiamano. Ecco, allora, allusivi riferimenti agli animali, ai simboli (la clessidra, ad esempio) che li accompagnano, mentre anche i colori col passare del tempo vanno gradualmente stemperandosi in un cromatismo meno sfrontato, che talora si perde in un grigio cenere ed emergono, sempre di più, recuperi di echi di antiche civiltà, accenni a immagini futuribili. E i corpi, in questa fase evolutiva, sembrano chiudersi in sé, rattrappirsi, accovacciarsi, rannicchiarsi quasi a ritrovare posture fetali, primigenie.
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Di fronte alle opere di Maurizia Sala, si assiste quasi a un evento psicoanalitico colto nel suo manifestarsi: la plastica rappresentazione sulla tela di esercizi di pensiero che prendono forma nella mente. Mondi da decifrare. Messaggi, che parlano al subconscio, da interpretare. Un'impresa non semplice ma affascinante.