Alberto Bortoluzzi ci racconta la mostra che presenta 84 foto in un’insolita visione dei rifiuti che dimostra come, con una lettura ironica e poetica e con un occhio attento, il bello si possa trovare ovunque.
“Questo progetto è nato in due tempi diversi: il primo nasce dalla ricerca in un centro che si occupa di riciclare la carta alla Schiranna che così compressa e legata da filo d’acciaio a volte creava l’idea di finestre sulla vita contemporanea. Così ho cominciato per circa due anni questo lavoro che poi è stato fermo. L’anno scorso quando ho deciso di riprendere il discorso dei rifiuti, questa volta in un centro di raccolta di Aspem, sono riuscito a recuperare anche il lavoro precedente perché diciamo che il riciclo della carta è l’atto finale della raccolta differenziata.
Mi sono concentrato sull”ingombrante, sull’inerte e soprattutto sui sacchi della raccolta indifferenziata e ci ho trovato un sacco di cose. Certamente i sacchi sono chiusi ma quando vengono movimentati da benna e ragno per caricarli sul camion che li porterà al termovalorizzatore di Brescia per essere inceneriti e questi si rompono, capita che fuoriescano le cose più disparate. E così io piano piano ho cominciato una caccia al tesoro: per me ogni viaggio è un’emozione e quello che stavo iniziando era veramente emozionante.
Mi sentivo quasi in colpa se qualche giorno non potevo andare perché mi chiedevo cosa mi ero perso. I camion per caricare il materiale arrivano la mattina verso le 7.00 e mezza e le 8.00. Io andavo lì per le 9.00 e rimanevo fino alle 12.00 tutti i giorni. Così mi sono procurato un’enorme quantità di materiale. A quel punto bisognava decidere che tipo di lavoro avrei voluto sviluppare: sono un po’ stufo del tipo di fotografia che si fa oggi che spesso documenta situazioni violente o negative.
Io invece ho pensato che bisognerebbe invertire un po’ la tendenza e siccome esiste il bello delle cose e a me piace tutto quello che è usurato, in questo “regno” ho trovato il mio piccolo paradiso. Ho deciso di fare un recupero di tipo sociologico: in fondo le cose che noi buttiamo rappresentano la nostra vita e quindi ho messo insieme il materiale fotografato negli anni precedenti con gli oggetti trovati in quei pochi istanti prima che venissero demoliti e ho creato le Microstorie di Archeologia Contemporanea perché questo lavoro è molto simile a quello di un archeologo che però indaga sulla contemporaneità. Inoltre le immagini sono collegate l’una all’altra in una sorta di dialogo.
Nella mostra e nel catalogo ho voluto raccontare il ciclo della vita e proprio per questo che il libro termina su un momento molto duro: è quello che documenta l’arrivo dei sacchi neri che provengono dai cimiteri, luogo dove prima o poi finiremo tutti. Questo lavoro offre numerosi spunti di riflessione: i rifiuti sono il vissuto di ognuno di noi e diventano un vero e proprio archivio umano. Questo progetto è stato una grande fonte di arricchimento. Dopo questa esperienza mi piacerebbe moltissimo avere l’occasione di andare in paesi diversi dal nostro e fare un lavoro analogo così da creare uno spaccato di vita.
Un accenno a parte è quello sulla copertina: non proviene da una discarica ma comunque è un rifiuto. Quando sono venuti gli imbianchini a casa mia, tra il materiale usato per proteggere che stavano per buttare via, ho visto in un bidone e da una fessura, una Gioconda che mi spiava e che ho subito immortalato con la macchina fotografica. E’ diventata l’emblema della mostra e così l’opera più famosa al mondo è entrata a far parte della mia collezione privata!”
Cristina Pesaro
Microstorie di Archeologia Contemporanea
Castello di Masnago, Varese
26 maggio – 30 settembre 2018
Inaugurazione sabato 26 Maggio alle 17
Aperto da martedì a domenica: 9.30 -12.30 / 14.00-18.00
Ingresso: intero 4 euro, 2 euro ridotto, 1 euro scuole.