un quadro, olio su tela, 1977
Silenzioso ritirarsi a dipingere. Una piccola stanza con le pareti bianche su cui affiorano disegni; una sedia e una lampadina accesa; su una parete una tela dai colori vivaci intitolata Silenzioso mi ritiro a dipingere un quadro: la sala più intima e "segreta" della mostra ci introduce nell'universo creativo di Paladino, riportandoci al 1977, quando l'artista, stanco delle immagini fotografiche che in quel periodo utilizzava nelle sue opere accostandole ai disegni, comprò tela e tubetti di colore e "si ritirò" con la coscienza di non voler rappresentare null'altro se non "l'atteggiamento stesso del dipingere". Il piccolo quadro nato da questo "silenzioso ritirarsi" è un'opera cardine non solo all'interno del percorso dell'artista, ma più in generale del clima del periodo, quando iniziò ad affacciarsi quel "ritorno alla pittura" e alle tecniche più "tradizionali" del fare arte che caratterizzerà gli anni Ottanta e di cui in Italia saranno protagonisti gli artisti riuniti dal critico Achille Bonito Oliva sotto il nome di Transavanguardia.
Transavanguardia significa infatti per Bonito Oliva "attraversamento della nozione sperimentale dell'avanguardia", "la sorpresa dell'artista verso un'opera che si costruisce non più secondo la certezza anticipata di un progetto e di un'ideologia, bensì si forma sotto i suoi occhi e sotto la pulsione di una mano che affonda nella materia dell'arte, in un immaginario fatto di un incarnamento tra idea e sensibilità". Nelle opere di Paladino esposte in mostra si coglie appieno questo "affondare nella materia dell'arte", che significa non solo dal punto di vista tecnico dar voce alla ricchezza dei rossi, blu, gialli, oro e alla varietà dei materiali – dal bronzo al legno alla terracotta – , ma anche riscoprire le radici più profonde della cultura mediterranea, operando con un "linguaggio di frammenti, a volte trovati altre volte creati", come ha affermato lo stesso Paladino, "dove tutto si innesta in una sorta di coscienza collettiva".
Le figure arcaiche create dall'artista e i simboli a cui sono accostate sfuggono a un'idea di narrazione e a
un'interpretazione univoca: come ha sottolineato Germano Celant nel saggio pubblicato sul catalogo della mostra, il quadro e la scultura si tramutano in un "habitat che si nutre di sacralità e di enigmi, di colori e di geometrie, di parole e di simboli. Un territorio iniziatico dove tra tutti i segni esiste continuità".
La città che sale. Se la Montagna di sale, nata come scenografia teatrale nel 1990 e poi installata nel 1995 in Piazza Plebiscito a Napoli, si appropria dello spazio cittadino della boccioniana "città che sale" con il suo carattere giocoso e allo stesso tempo tragico e i suoi primitivi cavalli neri, l'installazione dei Dormienti, che occupa un ambiente di Palazzo Reale, crea uno spazio di riflessione e di silenzio, in cui entrare in punta di piedi per immergersi nella musica composta da David Monacchi per le figure in terracotta modellate da Paladino.
Paladino a Palazzo Reale
Milano, Palazzo Reale, Piazza Reale, Ottagono della Galleria
Dal 7 aprile al 10 luglio 2011
A cura di Flavio Arensi
Orari: lunedì dalle 14.30 alle 19.30; martedì, mercoledì, venerdì, domenica dalle 9.30 alle 19.30;
Giovedì e sabato dalle 9.30 alle 22.30.
Ultimo ingresso un'ora prima della chiusura